SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

La scheda è stata curata dalla prof.ssa Gaia Santoro

L’arte della ceroplastica prima parte “la storia”.

La ceroplastica. I Parte

Ceroplastica, dal greco kēroplastike (téchnē, arte) della ceroplastica.

La modellazione della cera si origina dal desiderio di imitare la natura. La ceroplastica nasce dunque con un fine principalmente estetico, tendente alla più realistica e fedele ricreazione del modello. Forma artistica poco studiata dal circuito accademico per il diffuso pregiudizio nei confronti di una materia metamorfica e di una tecnica valutata priva di valore estetico, più vicina all’artigianato che all’arte.

La ceroplastica è la tecnica di lavorazione della cera usata dall’antichità in ambito funerario, devozionale, votivo e ritrattistico. Di cera erano gli ex voto anatomici offerti a diverse divinità per propiziare le guarigioni. Plinio riporta che tali particolari figure erano chiamate cerae pictae (cere dipinte). Dal secolo XVI e fino al XX la cera è stata anche ampiamente impiegata per la riproduzione a scopo didattico di modelli anatomici, botanici e zoologici. Leonardo fu fra i primi a iniettare cera fusa tramite una siringa nelle cavità ventricolari del cervello e del cuore, per indagarne le forme interne. Nella Grecia antica le tombe delle giovani donne erano addobbate con bambole in cera (pupae), rappresentazioni del gioco e soprattutto compagne nel viaggio verso l'Ade. Presso le dimore romane, proprio all’ingresso della casa, cioè nell’atrium o vestibolo, era posto il larario, ovvero un tabernacolo o una cappellina, nelle cui vicinanze era effigiato un cane, posto a simbolica custodia della casa; in esso era consuetudine collocare maschere di cera raffiguranti gli antenati di famiglia, realizzate modellandole sui volti dei defunti. In tal modo si pensava di permettere una loro illusoria partecipazione alla vita domestica. Ritratti in cera sostituivano l'imperatore defunto, come raccontato da Cassio Dione a proposito dei cortei funebri di Augusto e Pertinace. L’abitudine di rappresentare il defunto durante i funerali continuò, soprattutto nelle famiglie nobili e regnanti, dal XIV fino al XVIII secolo; ed è ancora praticata nei funerali del Metropolita d'Oriente. L'iconografia cristiana, si arricchì di opere in cera realizzate da artisti, più o meno affermati, e da botteghe artigiane specializzate negli ex voto da offrire, per la grazia ricevuta, raffiguranti organi ammalati o ritratti di persone guarite. La facilità di lavorazione e colorazione produsse una vera e propria arte scultorea in cera, che, seppur considerata minore e praticamente ignorata dalla critica fino al 1911, ha prodotto per secoli opere, ornate, decorate e rifinite nel minimo dettaglio. La cera è stata anche utilizzata per eseguire modelli delle opere da realizzare, ad esempio: da Leonardo per il cavallo del monumento a Francesco Sforza, dal Giambologna per l'Ercole e l'Idra di Lerna, da Michelangelo per il David, ecc. La chiesa di Orsanmichele e la basilica della Santissima Annunziata a Firenze erano piene di busti, statue e boti (così chiamati quelli votivi) in cera, di cui i più antichi risalivano al XIV secolo. Tre delle statue presenti a grandezza naturale, realizzate sotto la guida del Verrocchio da Orsino Benintendi, esponente di una famiglia di noti ceraiuoli fiorentini, raffiguravano Lorenzo il Magnifico; il suo ritratto in legno, conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, venne creato grazie alla maschera mortuaria realizzata anch'essa in cera sempre da Orsino Benintendi. Fu senz’altro Antoine Benoist (Joigny 1632-Parigi 1717), oggi ricordato soprattutto per il ritratto in cera di Luigi XIV conservato a Versailles, a portare in auge la ceroplastica; che conobbe ai suoi tempi una grande popolarità grazie alla sua collezione di statue di cera a grandezza naturale (denominato Le Cercle Royale), rappresentanti membri della corte di Luigi XIV “alla maniera del Louvretutte le persone principali che la compongono vi erano rappresentate in cera, e vestite con tutto lo splendore che vi apportano” (Gazzette del 1669). Le acconciature e gli abiti erano forniti dalle stesse persone rappresentate. Lo stesso Luigi XIV fornì alcune delle proprie parrucche (in origine i ritratti erano più d’uno, ma solo questo è sopravvissuto), oltre a concedere il privilegio di mostrare Le Cercle a pagamento. I nobili si prestavano a far rilevare il calco dei volti. Benoist fu nominato dal sovrano “son unique scultore en cire” e dotato di un titolo nobiliare, oltre ad essere ammesso nel 1681, come pittore, all'Académie Royale de Peinture et de Sculpture. Benoist godette inoltre di una certa fama di conoscitore di pittura, come rivelano numerosi inventari in cui è citato come estimatore, ed egli stesso raccolse una ricca collezione, in parte esposta nella propria mostra di cere. Sappiamo inoltre che l’artista ha esercitato ufficiosamente l’attività di mercante d’arte, poiché il commercio era disapprovato dall’Académie. Benoist è l’unico artista ceroplasta citato nell’Encyclopédie da Diderot. Le sue vere e proprie opere d’arte sono state misconosciute fino alla metà dell’Ottocento, quando il Romanticismo le ha rivalutate, vero precursore dei musei delle cere, come quello di Philippe Mathé-Curtius esposto a Palais Royale fin dal 1770, o dei due odierni più noti musei delle cere: Madame Thussaud a Londra dal 1802, e Museo Grévin a Parigi dal 1882. Il successo fu tale che si cominciò a utilizzare maschere di cera, soprattutto durante il carnevale, così veritiere da indurre a credere che chi le indossava fosse realmente il personaggio raffigurato, provocando non pochi equivoci. Ricordiamo che in Francia solo dal XVII secolo compaiono pittori e scultori specializzati nei ritratti. Anche il siracusano Gaetano Zummo (francesizzò il nome in Zumbo), 1656-1701, ottenne da Luigi XIV, nel 1701, il privilegio di unico scultore di cere anatomiche e l’autorizzazione a tenere lezioni anatomiche, grazie alla sua eccellenza in questo campo. Zummo si interessò particolarmente agli aspetti legati alla morte, alla malattia e alla putrefazione dei corpi. Le sedute anatomiche nei teatri universitari avevano incentivato la produzione di preparati anatomici in cera imitanti carne e muscoli perfettamente verosimiglianti; e che rendevano più agevoli la lezioni e meno necessario l’uso di cadaveri (e il traffico illecito che ne scaturiva), uso ritenuto moralmente discutibile da alcuni critici e teologi. Invitare il pubblico alle dissezioni anatomiche era abbastanza normale, come ricaviamo da racconti del Grand Tour; ne è un esempio il dialogo ironico di Tommaso nel Malato immaginario di Molière: “Sempre il Signore permettendo, vorrei invitare la signorina, uno di questi giorni, naturalmente a titolo di esperimento in chiave giocosa, ad assistere a uno spettacolo di teatro-obitorio: la dissezione del cadavere di una donna cui seguirà un mio intervento. Antonietta: Ah, giocosissimo, come spettacolo. C'è ancora qualcuno che porta le ragazze alle solite commedie; ma è chiaro che offrire un'autopsia è tutt'altra raffinatezza”. Una stampante 3D non riesce a imitare il reale come la ceroplastica, per l’assenza di quello spirito vitale o all’opposto per quella sensazione di presenza della morte, a volte tanto inquietante, che si percepisce difronte alle opere d’arte di cera. Dalla prima metà del Settecento, fu organizzata a Bologna una vera e propria industria specializzata nella produzione di cere anatomiche, in cui operarono, tra gli altri: Ercole Lelli, i coniugi Morandi, Angelo Gabriello Piò e poi il figlio Domenico, Ottavio Toselli, Luigi Dardani. È stato Filippo Scandellari, bolognese, allievo di Angelo Gabriello Piò, a realizzare Il busto della serva di Dio Anna Maria Calegari Zucchini, dandoci tra i primi l’iperrealistica sensazione dell’odore di santità in cui morì la donna. Le riproduzioni in ceroplastica nel corso dell’Ottocento stimolarono l'interesse di antropologi, criminologi e filosofi, interessati alle interconnessioni pseudo-scientifiche della fisiognomica. Francesco Garnier Valletti (Giaveno, 1808-Torino, 1889) nella seconda metà dell'Ottocento si affermò come modellatore di fiori e frutta a uso didattico, lavorando anche a Vienna e a San Pietroburgo. Le sue creazioni sono conservate a Torino presso il Museo della frutta a lui dedicato.

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