SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

La scheda è stata curata dalla prof.ssa Gaia Santoro

L’esecuzione semi industriale per l’arredamento di maniglie, borchie e decori in lamierino, in cuoio ed in altri materiali.

Dopo il 1820 si utilizzarono spesso lamierini stampati con un sistema di punzonatura. Una sottile lamiera d’ottone era pressata tra due punzoni, uno positivo ed uno negativo, per mezzo di una “pressa a bilanciere”; marchingegno costituito da un basamento, adatto ad ospitare il punzone positivo ed un braccio ad esso collegato destinato a reggere una vite senza fine femmina in cui s’impernia una robusta vite senza fine maschio, cui è fissato nella parte inferiore il punzone negativo e ed è azionata in quella superiore da una barra trasversale dotata alle estremità di due pesi. Ruotando con energia adeguata tale barra si avvita la vite senza fine che va a serrare fra loro i due punzoni, ottenendo lo stampaggio del lamierino. I punzoni erano realizzati in bronzo, fusi e cesellati, ma si deterioravano progressivamente durante l’uso. Per cui i lamierini ottenuti erano di qualità via via peggiore, con una definizione dei dettagli sempre meno marcata; fino al momento in cui non si rendeva necessario ricesellare i punzoni o sostituirli. In modo analogo, con punzoni trancianti d’acciaio, si asportavano le parti, che dovevano risultare traforate. Con questa tecnica era dunque possibile ottenere un certo numero di pezzi tutti uguali ed a costo contenuto; soprattutto con l’avvento di lamiere stirate ottenute meccanicamente, che durante l’Ottocento sostituirono definitivamente quelle forgiate manualmente. Si procedeva poi alla doratura a vernice del manufatto. La doratura a vernice si ottiene mordenzando il manufatto con acido nitrico fino ad ottenere una coloritura simile all’oro, proteggendolo poi con una vernice trasparente (da cui il nome). Col passare degli anni la vernice protettiva si usura, permettendo l’ossidazione più o meno intensa dell’ottone, che acquista la caratteristica patina bruna; percui è oltremodo raro reperire lamierini con il loro aspetto in similoro originale intatto. Tali lamierini furono prodotti in tutte le dimensioni e le varianti di stili possibili, ciò ne permise l’applicazione anche a mobili eseguiti in precedenza: sia a fini decorativi, sostituendo gli economici pomelli torniti in legno; sia per ovviare al poco pratico sistema d’apertura di cassetti e sportelli con la sola chiave. Per questo motivo sono spesso presenti in molti mobili provinciali, definiti usualmente Luigi XVI, originalmente nati senza di essi; e financo, raramente, su arredi più antichi. È facile riscontrare quando ciò è avvenuto, osservando la presenza:

-Di grossi fori dietro alle placchette in lamierino, testimonianza della presenza dei precedenti pomelli.

-Di evidenti slabbrature dietro le serrature, provocate dal logorio delle chiavi utilizzate come prese per estrarre i cassetti.

-Di palese incongruità nello stile o nella posizione dei lamierini, spesso collocati scorrettamente. Ovviamente ove la presenza di tali lamierini risulti originale in linea di massima questi arredi devono ritenersi prodotti dopo il I° Impero e cioè dopo il 1820. I lamierini stampati si riconoscono da quelli sbalzati, prodotti in precedenza, dalla presenza in negativo sul retro del manufatto del decoro, che risulta sempre privo di sottosquadri, realizzato dal punzone inferiore, e dalla mancanza di tracce di cesello. Gli sbalzi al contrario presentano evidenti i segni dei ceselli, a volte sottosquadri anche notevoli ed uno spessore della lamiera maggiore e molto più irregolare; a volte sono realizzati in rame e la doratura era eseguita sia a vernice sia al mercurio. Si ricorse dalla fine del Luigi XVI in Francia e sempre dopo il 1820 in Italia, all’applicazione di profilati in legno rivestiti di lamierino d’ottone. Essi si eseguivano meccanicamente, pressando contemporaneamente tra rulli sagomati, attivati da una manovella, le cornicette di legno e le strisce di lamierino. Tali profili sono tuttora prodotti, anche se non nella varietà disponibile in epoca, e non è agevole distinguerli da quelli antichi, una volta patinati e montati, se non osservandone attentamente il supporto ligneo; ma ciò richiede necessariamente il loro distacco dal mobile. Con macchinari di poco più complessi, grazie a dischi incisi, detti godroni, si ottennero, con l’avanzare dell’Ottocento, anche strisce stampate in lamierino continue di varie dimensioni, anche traforate, che erano applicate a fine decorativo come bordature continue, come ringhierine per i piani e semplicemente come ornamenti. Si fece grande uso di lamierini stampati in tappezzeria ed anche nell’abbagliamento per la produzione di bottoni, fibbie spalline militari, ecc. dopo il 1834 si ricorse anche alla doratura galvanica; che ovviamente ove presente denuncia una fabbricazione posteriore a tale data. Una magnifica collezione di lamierini è conservata a Bologna al Museo d’arte industriale Davia Bargellini, istituito nel 1924 per concorrere all’educazione degli artigiani bolognesi. Gli ottoni, che rivestono le scanalature di gambe, lesene e supporti, tipici degli arredi Luigi XVI e in parte Napoleone III, francesi e russi, ma anche d’altre parti d’Europa, erano appositamente realizzati in fusione

Allo stesso modo si potevano stampare placchette e borchie in cuoio, con l’utilizzo prevalentemente del solo punzone negativo ottenendo di imprimere solo la faccia a vista.

Più tardi si stamperà anche la lamiera d’alluminio, soprattutto dall’inizio del Novecento.  

Se ne produssero anche grazie alla galvano-plastica, depositando a spessore uno strato di rame su di uno stampo conduttore (spesso di gesso verniciato con polveri metalliche), procedendo poi ad una doratura galvanica od alla patinatura nel colore desiderato. Tali decori sono riconoscibili dallo spessore uniforme, dal decoro perfettamente riprodotto anche sul retro, e spesso dalla presenza sempre sul retro di caratteristiche pallinature, e dal materiale che è sempre di rame.

Anche oggi si producono maniglie e quant’altro grosso modo con gli stessi metodi, tuttavia lo spessore del lamierino d’ottone risulta maggiore che in passato. Soprattutto per il ricorso a punzoni d’acciaio, che soggetti a minor consumo non abbisognano di essere ricesellati, ma che su spessori troppo esigui tranciano le lamiere.

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