SCHEDE TECNICHE

SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

 

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

Giuseppe Parvis, 1831-1909.

In questa scheda prendiamo in esame l’opera di un grande: Giuseppe Parvis.

Nato da famiglia contadina di modeste condizioni economiche, fu istruito alquanto sommariamente. Si stabilì prima a Casale, poi a Torino, dove si perfezionò nell'arte dell'intaglio frequentando la scuola del prof. Moncalvo, (Gabriele Capello detto il) 1806-77. Con spirito di avventura andò a cercare fortuna in paesi lontani e capitò in Egitto. La sua arte incontrò il favore del Kedivè di allora, il munifico Ismail Pascià, il quale lo aiutò nelle sue ricerche sull'arte araba e i mobili intarsiati. Il Kedivè gli concesse l’accesso a tutti i monumenti islamici del Cairo, di cui egli fece una serie di schizzi. Con questa esperienza, nella quale l'arte italiana si fondeva con le linee dell'arte araba, cominciò il suo successo. Mettendo a frutto la sua competenza, ormai profondissima, aprì uno stabilimento in Egitto nel 1859. Le sue opere raggiunsero un tale livello che due suoi arredi presenti al museo del Topkapi Saray di Istanbul, sono stati pubblicati erroneamente come originali mamelucchi. I suoi lavori, presentati all’Esposizione Universale di Parigi del 1867, valsero all’Egitto la medaglia d’oro. Le sue creazioni ottennero le più alte ricompense all’Esposizioni: di Vienna (1873), Filadelfia (1876), di Milano (1881), etc. Molto si scrisse di lui e delle sue opere che, per la loro caratteristica originalità, erano dette di stile “Parvis”. La sua opera è diventata l'icona dello stile revival “moresco” che fiorì alla fine del XIX secolo. È stato nominato cavaliere il 26 dicembre 1907.

Questo grande artista è stato dal secondo dopoguerra misconosciuto. A breve gli sarà tributato un meritato riconoscimento alla mostra “Mondi Lontani”, aperta dal 26 marzo al 19 luglio, che inaugurerà il Museo delle Culture (ex Ansaldo) in via Tortona, a Milano, in concomitanza dell’Expo. In tale occasione saranno esposti alcuni arredi di Parvis illustrati in questa scheda. L’orientalismo percorre tutto l’Ottocento, diffusosi dopo la campagna napoleonica in Egitto, influenza molti artisti in tutto il mondo, declinandosi in svariate interpretazioni e mischiandosi alle influenze storicistiche, legate in particolare al neogotico, che iniziano ad affermarsi in Inghilterra dalla metà del Settecento. Da Piranesi, a Hope, da Japelli, a Ximenes d’Aragona. (Giovan Battista Piranesi, 1720-78, architetto e grande incisore. Thomas Hope, 1769-1831, collezionista e designer inglese. Giuseppe Japelli, 1783-1852, architetto progettista del caffè Pedrocchi di Padova. Ferdinando Ximenes d’Aragona, 1813-89, proprietario e progettista del suo castello moresco di Sammezzano a Regello, FI).  Il Romanticismo impone già al Neoclassicismo una vena rievocativa, che trionfa nel sentimentalismo ottocentesco. Nella seconda metà del secolo il riferimento all’arte antica si trasforma da ammirazione della perfezione classica in imitazione degli stilemi del passato e sotto lo stimolo di movimenti revisionisti: Nazareni, Primitivi, Preraffaelliti, Giaponisme, ecc., giunge al Neogotico e al Liberty. In Italia l’ispirazione al moresco pervade, soprattutto dalla seconda metà del secolo e in particolare dopo l’unità, ogni ambito artistico dalla pittura all’arredamento. Parvis unisce a una perfezione tecnica dell’esecuzione lo studio meticoloso dell’arte islamica antica; introducendo tipologie moderne di mobilio derivate dalla sua cultura mitteleuropea. Il grande successo ottenuto alle mostre internazionali e nazionali fece ampiamente conoscere la sua opera ai grandi artisti italiani a lui contemporanei o successivi; portando a evidenti influenze e a tentativi d’imitazione. È alle grandi scenografie dei suoi stand che s’ispirarono maestri, che non si erano mai recati in oriente o che spinsero altri a recarvisi. I motivi tipici dell’arte islamica impiegati da Parvis sono: decoro detto a stalattite, torniture a moucharabiehs, versetti del Corano, intarsi a toppo e a commesso, intagli rabescati. Segno distintivo è l’uso di inserire mandorle in rilievo a formare complessi disegni. Alcuni ebanisti rimasero comunque vicini a inclinazioni storiciste, anche se l’insieme degli arredi sono permeati da un patos orientaleggiante. Anche gli artisti dediti a complementi di arredo si dedicarono a produzioni orientaleggianti. Intere abitazioni sono state arredate tra XIX e XX secolo in Italia in stile moresco. Giuseppe Verdi possedeva un mobile di Parvis donatogli dal Kedivè dopo aver composto l’Aida in occasione dell’inaugurazione del teatro del Cairo. Nell’oriente si cercava il mito e il sogno. Oggi troppo spesso siamo inclini a giudizi sbrigativi di condanna di quel gusto, bollandolo di horror vacui o di eccesso di decorativismo; partendo da una deriva minimalista, spesso basata su scarsa conoscenza e incertezza culturale. Chissà quale sarà il giudizio dei posteri su certe moderne tendenze abitative. Rammentiamoci che Parvis e i suoi epigoni ispirarono l’arredamento delle dimore di grandi uomini dal citato Verdi al padre della psicanalisi Freud. E non si può separare il valore di un grande uomo dal suo concetto di gusto, dalla sua personalità.

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