SCHEDE TECNICHE

SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

Il sigillo, parte terza.

 

Si stima che il numero di matrici pervenutaci dal periodo medioevale sia di circa cinquantamila. Il sigillo era destinato in quell’epoca a molteplici usi in tutta Europa. Sovente la matrice era seppellita, insieme al defunto, come uno degli oggetti più rappresentativi della persona, che in vita se ne era servita; questo ha permesso spesso agli storici una chiara identificazione delle spoglie. Sappiamo che al momento di consacrare un altare, era usuale porre di sotto a esso un reliquiario, con indicata la data di collocazione e i nomi dei santi cui si attribuivano le reliquie e che il prelato vi apponeva per ben sette volte il suo sigillo. Foto 1. Nel mondo commerciale medioevale molte città certificavano con l’uso di un sigillo particolare, previo il pagamento di una tassa, l’origine dei tessuti e il rispetto delle norme stabilite dalle autorità a proposito della lunghezza delle pezze, della qualità del tessuto e del suo colore. Una funzione delle autorità pubbliche, che ha resistito fino ai giorni nostri. Ancora più ampio il campo della verifica delle leghe dei metalli, specialmente dell’oro e dell’argento, come pure del piombo e dello stagno, per attestarne con la punzonatura la qualità; pratica estesa successivamente anche al cuoio e alla marchiatura dei capi di bestiame da parte degli allevatori, come spesso vediamo nei film di cauboys. Ricordiamo quanto trattato nelle schede precedenti a proposito della punzonatura in epoca romana dei vasi di terracotta per il vino e l’olio. Le matrici medioevali sono quasi sempre metalliche: la maggior parte di bronzo, rame, ottone o ferro a volte anche in metalli preziosi come l’argento o raramente l'oro. La forma rotonda od ovale assume sovente nel Medio Evo Occidentale quella detta “a navetta”; una specie di ovale appuntito alle due estremità le cui forme svariate tendono ad aumentare nel corso dei secoli. Più rare le sagome rettangolari e rarissime quelle pentagonali. Foto 2. Si deve porre attenzione e distinguere tra le matrici piatte, ossia col dorso piano che sono le più antiche fino al XIV secolo e matrici coniche o piramidali, dotate di un‘appendice a guisa di manico, più comuni fino alla fine del Medio Evo. Anche le matrici piatte sono dotate di appiccagnoli, anse di varie forme normalmente dotate di un foro che permetteva di ancorarle a una catenella per protezione contro il furto o lo smarrimento, che veniva a sua volta fissata alla veste. La mancanza di quest'appiccagnolo forato o di un anello di aggancio, ci può far sospettare dell’autenticità del sigillo. Foto 3. Il lavoro d'incisione era costoso, per cui una matrice in disuso, per la morte del possessore, poteva essere riutilizzata, per un nuovo proprietario, grazie a una parziale modifica della leggenda; questo spiega perché alcune matrici risultino re incise. La maggior parte dei sigilli era scolpita da modesti intagliatori, che giravano nelle fiere, mostrando un campionario di matrici preconfezionato, che poteva essere personalizzato su richiesta dall’acquirente, con l’incisione del proprio nome e quant’altro. Le impugnature sono a volte intagliate con riferimenti: al nome del possessore, all’insegna araldica, alle funzioni. Ad esempio: una colonna per i Colonna, una Minerva per uno studioso o una bilancia per un giudice, ecc. La materia utilizzata per i sigilli variava secondo le epoche, delle civiltà, delle autorità e delle persone per cui erano fabbricati. Nell’Occidente Medioevale, la cera era la più usata per sigillare. Anche il colore della cera poteva avere un significato particolare, ad esempio in Francia gli atti reali, di grande importanza e solennità e con valore perpetuo, dovevano essere sigillati con la cera verde, gli atti ordinari con cera bruna, quelli emanati direttamente dal principe con il suo sigillo personale, erano in cera rossa. La cera era generalmente usata abbondante in modo che si creasse un bordo rilevato all’esterno in modo da proteggere l’impronta. Foto 4. Il sigillo apposto su lacci era spesso protetto in appositi sacchetti e dal XV secolo la cera era colata all’interno di piccoli contenitori di legno in cui si erano già passati i lacci; ma esistono anche astucci eseguiti in bronzo cesellato e in altri materiali, alcuni lavorati artisticamente. La ceralacca entrò in uso dal XVII secolo. Per rendere più solido il sigillo e risparmiare cera dal XIII secolo in Italia si usò a volte sovrapporre un foglietto di carta che era pressato insieme alla cera di norma rossa. Il sigillo a secco era ottenuto con un'apposita pinza a due facce, realizzando un verso in rilievo e uno incavato. Dal XVIII secolo e soprattutto nel XIX si utilizzarono delle apposite ostie, che bagnate erano impresse sulla pagina o sul bordo ripiegato, ottenendo ottimi sigilli. Foto 5.

Il sigillo di autentica era di norma posto in fondo all’atto sul documento stesso o era appeso con: cordicella, fili di seta, nastri o code di pergamena. Questi agganci passavano attraverso il supporto scrittorio mediante fessure o fori di varia forma. IL sigillo di chiusura era apposto sui lacci che chiudevano il documento, sullo stesso precedentemente piegato o sull’involucro che lo racchiudeva (come le buste). Nel Medio Evo il nome della persona poteva assumere la forma di un monogramma, la figura del sigillo è sempre di grande interesse iconografico ed è molto varia; spesso è una rappresentazione della persona, come nei sigilli di maestà dei sovrani o nei sigilli episcopali, che rappresentano il re in trono e il vescovo nell’atto di benedire o in preghiera. Foto 6. Nel periodo medioevale i più frequenti erano i sigilli equestri, rappresentati dal signore a cavallo, in tenuta di guerra, questo assume importanza per lo studio dell’armamento medioevale. A volte si tratta di una rappresentazione araldica: lo scudo con le armi del titolare del sigillo. In questo periodo storico spesso il campo del sigillo è occupato da elementi di carattere religioso con la raffigurazione: di un santo, della storia di Cristo, della Natività, della Crocefissione, della Resurrezione o ricordi della vita della Vergine Maria. Foto 7. Spesso i privati, hanno usato sigilli di fantasia: come animali, fiori, arnesi; tutti elementi che potevano richiamare l’attività della persona o erano in rapporto al nome del proprietario. Gli artigiani e le corporazioni di arti e mestieri ricorrevano alla raffigurazione degli oggetti appartenenti alla propria attività: il pane per un panettiere, la campana per un sacrestano, la barca per un barcaiolo, ecc. Oppure si facevano rappresentare intenti nel loro lavoro: il fabbro con l’incudine, un venditore di pesce nell’atto di pulirlo, ecc. La matrice, per il valore connesso con il sigillo che impegnava la credibilità del suo titolare, era custodita con grande cura per evitarne la perdita, il furto o l’uso improprio. Quando il sigillo divenne sostitutivo della firma della persona che lo usava, specialmente nei documenti cancellereschi, fu tutelato da falsificazioni al punto che il legislatore medievale arrivò a equiparare la falsificazione e l’uso fraudolento del sigillo al delitto di lesa maestà e a punire con la morte i falsari. Una testimonianza di questa preoccupazione dei legislatori della possibilità di falsificazione e di frode c'è documentata da Marco Polo, che descrive nel suo libro con grande meraviglia l’uso della moneta di carta, il processo di fabbricazione e le terribili pene per i falsari. Fornisce inoltre una preziosa testimonianza sull’impiego del sigillo, in questo caso il timbro a umido introdotto dal Gran Khan. Tutte queste carte-monete, erano fatte con foglietti ottenuti dalla corteccia dei gelsi; eseguite con tanta autorità e solennità, come se fossero d’oro o d’argento puro e in ciascuna moneta gli officiali, che a questo erano destinati, apponevano la loro firma. Foto 8. Nel Medio Evo la matrice era affidata al guardasigilli o cancelliere, istituzioni che permangono ancor oggi. In caso di furto o di perdita la matrice era pubblicamente revocata davanti a un’autorità; questa procedura comportava la sua descrizione, rappresentando ora per gli studiosi una fonte preziosa per la conoscenza di sigilli perduti. Un argomento a parte riguarda la falsificazione dei sigilli, che si divide in due distinte situazioni: i falsi d’epoca e quelli recenti. In epoca la falsificazione poteva riguardare sia documenti veri sia falsi. L’ampia legislazione sia laica sia ecclesiale certifica una pratica falsificatoria perdurante in ogni ambito ed epoca. Generalmente per produrre un falso sigillo si ricorre al calco di uno di cera autentico, poi vi sono sostanzialmente due metodi. Il primo utilizza direttamente il calco, normalmente di gesso, per imprimerlo direttamente sulla cera sul documento. Il secondo passa attraverso la vera e propria produzione di un sigillo falso, generalmente fuso in bronzo, che per il naturale calo del metallo, in fase di raffreddamento, ha dimensioni inferiori all’originale. È quindi sufficiente confrontare i sigilli che si sospettano falsi con altri sicuramente autentici. Inoltre nel caso delle bolle il falsario si preoccupava di riprodurre fedelmente il recto del sigillo, mentre non riproduceva o lo faceva con più approssimazione il lato posteriore. Bisogna anche tenere in considerazione che spesso un sigillo era duplicato sia per la comodità di averne più d’uno sia per sostituirlo se consumato; in questo caso le matrici copiate per fusione sono generalmente meno curate e nitide di quelle intagliate. Solo l’esperto con ricerche archivistiche accurate può arrivare a un giudizio serio soprattutto nel caso di sigilli di cera da tempo asportati dal documento originale non più rintracciabile.

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