SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

In questa scheda illustriamo le modalità di intervento per il restauro dell’affresco del Crocefisso trecentesco di Giuliano da Rimini, collocato presso la sala capitolare della Chiesa dei Servi di Maria di Forlì, eseguito da Lorena e Luigi Moretto, via Pillo, Medicina, tel. 051850226. Riportiamo interamente la relazione. La documentazione fotografica più significativa è stata introdotta nel testo per renderlo più chiaro.

 Il restauro di un affresco, parte seconda.

IL RESTAURO

È nato ovviamente ed innanzitutto per ragioni conservative: il supporto su cui era stato adagiato l’affresco al momento del distacco come abbiamo descritto, stava creando seri problemi di assorbimento di umidità con conseguente fuoriuscita di sali, compromettendo ulteriormente il suo stato di conservazione, aumentandone il deterioramento e col tempo forse, la sua stessa sopravvivenza. il vecchio supporto è stato sostituito con uno nuovo, molto più leggero e con proprietà isolanti. Oltre all’intervento di risanamento, ovvero conservativo, ne è stato eseguito uno di tipo estetico, con la ricostruzione di alcune parti mancanti, nell’intento di restituire all’affresco una maggiore leggibilità: una sorta di risarcimento morale, visto lo stato di forte compromissione in cui purtroppo è giunto fino a noi; dovuto alle varie traversie subite nel corso dei secoli. Il percorso di un restauro è sempre molto difficile, perché deve tener conto di moltissimi fattori ed è spesso un percorso ad ostacoli, in ogni modo il suo scopo principale rimane sempre e comunque, quello di salvaguardia dell’opera, della sua memoria storica di ciò che è stato e si spera possa continuare ad essere per moltissimo tempo. Una volta rimosso l’affresco dalla sua collocazione originaria, le fasi di restauro si sono così articolate: Fissaggio preventivo: i sollevamenti e i distacchi del colore sono stati fissati preventivamente mediante iniezioni di emulsione acrilica. Protezione preventiva: prima di dare inizio alle varie operazioni, la superficie è stata protetta da un leggero strato di gomma vegetale del tipo incolore, ovvero sbiancata (facilmente rimovibile con solventi volatili, da non impregnare la superficie). Velinatura protettiva: è stata fatta mediante l’applicazione procedendo per strati, di due tipi di tela: la prima di mussola, a trama fitta per evitare il rischio di impronta, la seconda, più resistente, in tela di lino: applicate entrambe con colla organica e in aggiunta della melassa per attenuarne la rigidità. Smontaggio e rimozione del vecchio supporto: una volta protetta la superficie, l’affresco, preventivamente assicurato ad una controforma in polistirolo espanso, è stato capovolto, in modo da poter lavorare comodamente sul retro senza provocare ripercussioni traumatiche sul davanti: si è dato così inizio alla rimozione del supporto in gesso: avvenuto in modo graduale, procedendo mediante piccoli sezionamenti, utilizzando delle sgorbie e inumidendo preventivamente in modo da facilitare l’asportazione. In seguito, sono stati eliminati il telaio, la rete metallica e il restante gesso. Alla fine di questa operazione, la quantità di materiale asportato è risultato di circa 100 kg. Consolidamento: si è proceduto quindi al consolidamento e all’isolamento dello strato di malta originale e del colore, mediante l’incollaggio di una tela. Applicazione del nuovo supporto: prima di procedere all’applicazione del nuovo supporto, è stato inserito sul retro dell’affresco, uno strato di polistirolo spesso 2 cm. (lo spessore è stato imposto dalla condizione di dislivello dell’intonaco del retro, in corrispondenza dell’aureola del Cristo), allo scopo di creare una sorta di membrana intermedia (strato di sacrificio), tra questo ed il nuovo supporto, tale da garantirne la reversibilità. Il nuovo supporto, le cui peculiarità sono la leggerezza e una buona resistenza, consiste in un’anima a nido d’ape dì alluminio e da superfici di pelli in fibra di vetro: spesso l5 mm., è stato applicato per mezzo di un adesivo a base di resina. Rimozione della velinatura: una volta assicurato l’affresco al supporto nuovo, questo è stato ricapovolto, in modo da liberare la superficie dalla controforma e dalle due tele di protezione, che è avvenuto bagnando queste leggermente. Pulitura della superficie: è stata eseguita per gradi, utilizzando in gran parte miscele a base di enzimi naturali e con l’ausilio del bisturi; procedendo alla rimozione dello sporco e all’asportazione di vecchie stuccature e di alcune ridipinture fortemente alterate o che creavano notevole disturbo visivo; escludendo e quindi conservando le zone di tamponatura del vecchio intervento di distacco in cui sono presenti sia l’impronta della tela che tracce di colore. Stuccatura delle lacune: per le stuccature è stata usata una malta a base di calce, polvere di risulta dell’intonaco originale e in aggiunta altri tipi di inerti in modo da ottenere una granulometria il più possibile vicina a quella dell’intonaco preesistente. Per la ricostruzione dell’aureola del Cristo invece, si è utilizzato una malta pigmentata: con degli inerti aventi gli stessi colori dì quelli che vengono solitamente usati nelle integrazioni pittoriche, per la selezione ad oro. Lo scopo è quello di creare una sorta di zona neutra che ben si integri con tutto il resto. Integrazione pittorica: è stata eseguita secondo il metodo competitivo, per mezzo di colori ad acquerello (quindi estremamente reversibili), con la chiusura delle lacune medie e piccole, e con la ricostruzione di quelle parti fortemente compromesse a livello visivo; con l’intento di riconferire continuità e omogeneità di lettura all’insieme della composizione. Un discorso a parte merita la ricostruzione delle mani (tristemente mutilate), per le quali è stato necessario una ricerca stilistica: prendendo in esame un’altro Crocifisso trecentesco (tempera su tavola), dipinto però da Giovanni Da Rimini che sì trova ora presso il Museo Civico di Rimini un tempo appartenuto al Marchese Adauto Diotiallevi, ci siamo accorti osservandolo attentamente che le mani seppure invertite, coincidevano perfettamente con quelle dipinte da Giuliano. Da qui la decisione di ricavarne un cartone da utilizzare per ridisegnare le mani mancanti. A conclusione di tutte le operazioni sono stati inseriti lungo ¡ bordi dell’affresco, dei listelli in alluminio (meccati), per conferire al tutto una maggiore stabilità ed anche una migliore presentazione estetica. 

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