SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

Il pianoforte, storia e tecnica. Autore Atanasio Cecchini.

Il pianoforte è stato inventato all’inizio del XVIII° secolo dal padovano Bartolomeo Cristofori, e di questo fatto, noi italiani ne dobbiamo essere orgogliosi. L’invenzione consiste nell’aver creato una meccanica che, diversamente dal clavicembalo, invece di pizzicare le corde, le percuote per mezzo di martelletti ricoperti di pelle e feltro. Questo sistema permette di modulare la forza di impatto quindi di ottenere suoni più o meno forti. La crescita del pianoforte come prodotto commerciale di massa si verificò nei grandi stati industriali europei come Inghilterra, Francia e Germania all’inizio del diciannovesimo secolo. Specialmente in Inghilterra, che nell’epoca era già in piena era industriale, si svilupparono le condizioni economiche e sociali che permisero la pianificazione della produzione in serie dei pianoforti con il conseguente abbassamento dei costi unitari e quindi l’accesso a questo prodotto di sempre maggiori masse di persone. Nell’Inghilterra del XVIII° e XIX° secolo era concentrata circa la metà di tutta la ricchezza del mondo. Le sue flotte e i suoi eserciti avevano conquistato enormi paesi e regioni da cui provenivano quantità pressoché illimitate di materie prime pregiate a bassissimo costo, indispensabili per produrre beni di consumo di alta qualità a prezzi competitivi. Ma non bastava produrre; servivano anche acquirenti e questi certamente non mancavano in una potenza industriale nella quale si stava affermando una ricca borghesia con determinata propensione alla compera. Gli inglesi nel XVIII° e XIX° secolo erano talmente ricchi che ancora oggi si rimane stupiti nel vedere quanti oggetti di antiquariato, risalenti a quelle epoche, adornano le loro case.

Il pianoforte da sempre “status symbol” sociale, non poteva sfuggire a questa logica e nell’Inghilterra del’epoca georgiana e specialmente in quella vittoriana, era presente quasi in ogni casa.

Dal 1770, ebbero una grande diffusione per ragioni di costo e di ingombro, i pianoforti a tavolo. Il suono di questi strumenti è completamente diverso dalla sonorità ricca e pastosa dei loro cugini verticali e a coda. In pratica questi pianoforti offrono le migliori prestazioni esclusivamente suonando la musica che è stata espressamente per loro composta. Questi strumenti non possono avere un uso concertistico in quanto il suono si attenua notevolmente dopo pochi metri, ma sono molto adatti ad un uso domestico: da qui il loro grande successo commerciale e la capillare diffusione che ebbero nell’Inghilterra di fine ‘700. Il pianoforte a tavolo, lo “square piano”, è importante nella evoluzione commerciale del pianoforte perché con esso lo strumento da élite divenne un bene di massa.

Il costruttore Johann Zumpe già nel 1768 a Londra promuoveva la vendita dei suoi piccoli pianoforti a tavolo con metodi commerciali moderni, creando un nuovo rapporto tra venditore ed acquirente, garantendo l’affidabilità dei suoi strumenti. La sua limitata produzione di soli 500 pianoforti all’anno, assolutamente insufficienti a coprire la domanda fece si che altri costruttori aprissero sedi a Londra come John Broadwood, che nel 1780 iniziò a vendere in quell’area pianoforti a tavolo. Broadwood era un oculato scozzese e capì a pieno le potenzialità del suo mercato. A 70 ghinee cadauno circa 16.800 euro attuali i pianoforti a coda erano pur sempre un articolo di lusso abbastanza difficile da vendere. Al contrario i pianoforti a tavolo, molto meno costosi, da 20 a 27 ghinee, erano potenzialmente più accessibili alla massa; infatti dal 1782 al 1802, Broadwood vendette 7000 piani a tavolo e solo 1000 a coda. Questa produzione per l’epoca era altissima se consideriamo che un altro famoso costruttore Schudi ne costruiva solo 30 esemplari all’anno. Broadwood sfruttò a fondo questa situazione: aveva rappresentanti sia nel Regno Unito che in Francia, Spagna, Haiti e nelle Indie orientali. Esportava inoltre anche in Russia, Danimarca, Portogallo, Italia e America. Questa produzione così alta a prezzi bassi era possibile perché Broadwood organizzò il suo laboratorio in modo rivoluzionario per l’epoca. Ogni tecnico e operaio era specializzato nella costruzione di una sola parte del pianoforte; il tutto poi veniva assemblato e decorato in maniera molto simile alla attuale produzione in serie.

I primi pianoforti a tavolo erano semplicemente appoggiati su un supporto con quattro gambe, ma dal 1790 in poi vennero prodotti strumenti con mobili ricercati in stile “Sheraton” con gambe a spada. In seguito si impose lo stile “Regency” con sei gambe tornite e mobile decorato con bronzi.

I mobili dei pianoforti più costosi erano costruiti con legni pregiati come mogano e acero e finemente decorati e intarsiati. I nomi dei costruttori venivano dipinti o intarsiati: Clementi amava questo tipo di decoro e ne fece largo uso. All’epoca esistevano decoratori specializzati in questo tipo di pittura e intarsio che lavoravano per molti costruttori di pianoforti a seguito di commesse quantificate a cottimo. Anche in Germania e Francia esisteva, in questo periodo, una consistente produzione di pianoforti e i costruttori si giocavano il mercato a suon di sponsorizzazioni. Spesso regalavano strumenti a grandi musicisti contemporanei, veri veicoli pubblicitari dell’epoca. Broadwood applicò costantemente questo metodo di promozione dei propri pianoforti non solo in Inghilterra con Clementi, ma anche all’estero. Nel 1817 inviò a Vienna come regalo per Beethoven un pianoforte a coda. All’epoca i costruttori austriaci erano i principali concorrenti nel mercato internazionale; collocare un piano inglese in casa del maggior compositore viennese vivente era una vittoria commerciale significativa.

Alla fine del ‘700 già maturavano i tempi per una svolta tecnica epocale, molti costruttori brevettavano, inventavano e mettevano in pratica idee innovative per migliorare questo strumento che era in piena evoluzione. L’esigenza di aumentare il volume del suono, quindi la tensione delle corde, obbligò i costruttori a dotare gli strumenti di telai in ghisa e tavole armoniche di ampie dimensioni con il conseguente allungamento dei pianoforti a coda che nei modelli da concerto arrivò fino a 280 cm. Un grande innovatore fu il costruttore Robert Wornum (1780-1852) che è sicuramente da considerarsi il “padre” del pianoforte verticale per aver contribuito più di ogni altro costruttore allo sviluppo di tale strumento. Egli migliorò in maniera consistente la meccanica del pianoforte verticale introducendo la meccanica a paramartello con nastrino o bretellina (“Tape check action) che aiuta il martello a ritornare sul paramartello. Da un suo progetto del 1811 risulta l’inventore delle “corde oblique” e del cosiddetto “cottage-piano” che fece fare alla evoluzione del pianoforte verticale, come oggi noi lo conosciamo un gradino molto importante.

Il cottage piano divenne incredibilmente popolare in Inghilterra presso migliaia di famiglie piccolo borghesi che non potevano permettersi l’acquisto di strumenti di maggior pregio.

Il pianoforte usciva dalla sua preistoria e si avviava a diventare prodotto industriale. I notevoli investimenti finanziari impiegati dalle fabbriche con le conseguenti e continue migliorie tecniche delinearono un’accezione più univoca dell’idea dello strumento, mettendo fuori gioco nel volgere di alcuni decenni le molteplici tipologie pianistiche precedenti. Nasceva il pianoforte moderno, così come noi oggi lo conosciamo, uno strumento poderoso e tecnicamente perfetto, sicuramente il “padre” di tutti gli strumenti musicali.

 

Per chi desidera approfondire l’argomento, consigliamo:

“Piano Dream, la storia del pianoforte” di Atanasio Cecchini, distribuito da Pianosound S.r.l. Tel 0541/697859 – Fax 0541/694510 – e-mail: 

 

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