SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

 

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

Questa scheda è stata redatta dalla professoressa Gaia Santoro.

 

Péltro s. m. [lat. *peltrum, forse voce di origine ligure].

Il primo esempio conosciuto di oggetto in peltro fu trovato in una tomba ad Abydos e si ritiene appartenga al periodo 1350-1380 a.C.  Si tratta di un oggetto a forma di fiasca con coperchio a cerniera e due manici ai lati; dalle analisi effettuate la lega utilizzata è paragonabile a quella del peltro dell'inizio del XIX secolo. La Bibbia a tutt'oggi è il più antico documento, che menzioni lo stagno (circa 1225 a. C. Vecchio Testamento, IV libro di Mosé, cap. 31); passi di Omero ed Esiodo narrano di ornamenti in stagno sui carri da guerra e sugli scudi di Agamennone e di Ercole. Il commediografo latino Plauto descrivendo un sontuoso banchetto del suo tempo, riferisce che tutte le vivande venivano servite in vasellame di stagno. Sempre in quel tempo si cominciarono a usare scodelle e recipienti dello stesso metallo per la cucina e per la preparazione di farmaci. Anche Plinio il Vecchio ci parla nella sua "Naturalis Historia" di specchi ed ampolle in stagno.

Nei paesi di lingua tedesca e francese il peltro non ha un suo nome, ma è semplicemente chiamato stagno, ovvero, Zinn ed Étain. In realtà esisteva in francese la parola: peautre. Andata poi in disuso. In Inghilterra, invece la lega è chiamata pewter.

Il peltro è una lega di stagno con piombo o antimonio (contenente circa l’1% di argento o rame, che le conferisce durezza e sonorità) o con entrambi. Il peltro moderno non contiene piombo (e quindi non annerisce), ma antimonio (4-8%) come indurente, oltre a 1-2% di rame. Essendo molto costoso il termine peltro è stato usato per indicare la ricchezza: “Questi non ciberà terra né peltro, Ma sapienza, amore e virtute” (Dante). O in contrapposizione a metalli più preziosi, ha invece indicato talora metallo, oggetto, opera o anche persona di scarso valore: “questi ipocriti ribaldi Che von parer d’argento e son di peltro” (Tansillo).

Lo stagno, che ne è la componente principale, si estrae da un minerale detto "cassiterite", che si trova, mescolato con altri minerali, in giacimenti sotterranei oppure a cielo aperto in sabbie metallifere. Tale nome deriva dalla denominazione delle miniere di stagno scoperte da Fenici e Cartaginesi: Cassiterides è il nome con cui anticamente furono chiamate molte isole dell'arcipelago britannico meridionale (isole Scilly), tra queste anche la penisola di Cornovaglia. L'estrazione della cassiterite è abbastanza agevole, mentre la separazione del metallo dai diversi minerali cui è mescolato era assai impegnativa. Si frantumava il minerale con mulini, poi era lavato per separare i minerali con diverso peso specifico. In un forno ad alta temperatura si procedeva ad un’ulteriore separazione, si tornava a frantumare con i mulini e in fine con un forno fusorio a legna si otteneva la definitiva purificazione. Lo stagno (simbolo chimico Sn-Stannum), è di colore grigio argenteo, leggermente dorato. Il punto di fusione dello stagno è tra il 231' e il 238', il più basso tra quelli dei metalli comuni. Lo stagno è un metallo molto malleabile ma, a causa della sua struttura cristallina, manca di resistenza. Presenta grandi pregi: l'assoluta atossicità, la notevole resistenza agli agenti chimici ed atmosferici, la notevole scorrevolezza allo stato liquido, la capacità di legare egregiamente con altri metalli. L’accertamento dei marchi presenti sui peltri è fondamentale, in assenza di altra documentazione, i bolli possono indicare la provenienza, l'epoca e l’autore. Le mode e i gusti evolvevano lentamente, soprattutto per il vasellame da cucina e gli oggetti di uso religioso. Le "forme" o stampi erano assai costosi e si tramandavano da bottega a bottega per intere generazioni. Le corporazioni stabilivano i punzoni con cui bollare i manufatti con precise norme statutarie, soprattutto atti a determinare la quantità ammessa di piombo sia per tutelare gli interessi degli iscritti sia per evitare il saturnismo (Intossicazione cronica prodotta dal piombo e dai suoi composti); a tal fine Inghilterra, Francia, Germania e Italia emanarono norme che fissavano nel 10% la quantità massima di piombo consentita. Il piombo costava molto meno dello stagno, abbassava il punto di fusione della lega con conseguente sensibile risparmio di combustibile e rendeva più semplice la finitura degli oggetti. Il marchio di garanzia, si accompagna al marchio territoriale, generalmente un simbolo scelto del paratico (associazione di artigiani e di mercanti) e al bollo personale dell’artigiano, che poteva essere di fantasia o rappresentare le sue iniziali a volta con la data della nomina a maestro. Tra i punzoni cittadini più noti: la pigna di Ausgburg, i pesci di Ansbach, l’orso rampante di Berlino e quello passante di Berna, la chiave di Brema e quelle incrociate di Regensburg e Riga, il cavallino di Stoccarda, la R di Rostock, la W di Breslava e di Vienna, il castello a tre torri di Amburgo e di Linz, il monaco di Monaco, l’aquila con le bande traverse di Norimberga, il caprone di Sciaffusa, il leone con bande traverse di Dresda, il giglio coronato di Parigi, la rosa di Londra, la corona di Stoccolma. Dalla fine del Cinquecento una rosa coronata è adottata a Norimberga per indicare un peltro particolarmente puro e da allora rosette coronate o meno contrassegnano fino all’Ottocento il peltro particolarmente puro.

Non sono pervenute le formule delle composizioni delle leghe, che ogni bottega teneva segrete; tuttavia possiamo distinguere tre qualità di peltro:

-Il peltro "fino", con un'alta percentuale di stagno (superiore al 90%) unita a percentuali variabili di antimonio, rame, bismuto e piombo. Questa lega, la migliore, è di colore chiaro, brillante e con suono squillante. Ad esempio in Germania il rapporto corrente era di 100 a 1, in Svezia 97 a 1.

-Il peltro comune (detto anche campione), prodotto in tutta la Germania centrale, con un contenuto di piombo variabile dal 10 al 20%, fu la lega usata in passato e può essere ancora considerata di buona qualità anche se leggermente più tenera e meno sonora della precedente. In realtà spesso la percentuale di piombo era maggiore, rendendo l’aspetto più opaco e scuro; come a Colonia 6 a 1, a Brema 5 a 1, nell’alta Sprea 3 a 1 ecc.

-Il peltro corposo o pieno (lega bassa), con una percentuale di piombo variabile dal 30 al 40% e fino al 50%, produce oggetti, che si presentano di colore grigio scuro, non hanno riflessi ed emettono un suono sordo e cupo.

La promulgazione delle normative rese comuni in tutta Europa alcune leghe. Le più note sono:

-Peltro degli operai: stagno 90%, antimonio 9%, rame 1%.

-Peltro della regina: stagno 73.36%, antimonio 8.88%, piombo 8.88%, bismuto 8.88%.

-Peltro inglese: stagno 88.42%, antimonio 7.16%, rame 3.54%, bismuto 0.88%.

-Britannia metal: stagno 90%, antimonio 10%.

-Peltro di Parigi: stagno 88.44%, antimonio 14.50%, piombo 0.06%.

-Peltro per posate: stagno 68.65%, antimonio 17.00%, zinco 10.00%, rame 4.32%.

Il controllo della lega avveniva empiricamente in due modi: con il cosiddetto “pianto dello stagno” consistente nel torcere una barra di lega fino a provocarne la rottura, basta l'azione di una forza di circa 8 Kg per mm', ed ascoltare il particolare rumore, una sorta di gemito, che ne scaturisce e da cui un orecchio allenato può determinarne la purezza. O un po’ più scientificamente comparando il peso di una barra con altre di cui si conosceva l’esatta composizione (peso specifico dello stagno 7,285, del piombo 11,35), utilizzando di norma undici campioni standard, partendo dal primo composto da parti uguali di stagno e piombo e seguito da altri dieci con percentuali di piombo decrescenti, fino all'ultimo campione composto interamente da stagno puro.

Le principali tecniche di lavorazione sono due:

-la forgiatura al martello ottenuta da una semplice lastra di metallo caldo, martellata su forme appositamente sagomate, ulteriormente spianato, con un martello più piccolo, per eliminare tutti i difetti lasciati dalla prima operazione; utilizzata soprattutto per piatti, vassoi, bacili e scodelle. 

-E quella più importante consistente nella fusione, da sempre la più usata, dapprima colata in stampi di terra, gesso o pietra e poi in rame, bronzo, ghisa e ferro. Una volta sformato il pezzo dello stampo, si tagliavano i getti di fusione, e si chiudevano eventuali buchi derivanti da un'imperfetta fusione saldandoli con gocce di stagno; a mezzo di raspe e lime si eliminavano quindi eventuali difetti e tutte le bave. A questo punto l'oggetto veniva montato sul tornio per essere sottoposto ad una operazione di finitura. Se si voleva ottenere una superfice brillante il pezzo è brunito al tornio con pietra d’agata, al contrario è strofinato con dischi di panno o di cuoio, oppure con spazzole con fili d’ottone per ottenere un aspetto opaco e vellutato. Manici, beccucci, pomoli, cerniere e piedini venivano quindi saldati sul corpo principale. Dal XV secolo la tecnica di fusione soppiantò definitivamente quella della forgiatura a martello. Foto 1-11.

 

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