SCHEDE TECNICHE

SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

 

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

 

Questa scheda è stata redatta dalla professoressa Gaia Santoro.

Vetri. Le pile, boulles, dette anche: fermacarte, presse-papiers. Foto 1.

L’età moderna dei presse-papiers risale alla metà dell’800 e copre circa trent’anni per poi lentamente esaurirsi. Marcantonio Sabellico (1436-1506), nel 1495, scrisse un breve saggio dedicato alle isole della laguna. Tra queste non poteva mancare l’isola di Murano citata per la produzione del vetro. In quest’opera viene riferita la realizzazione del vetro cristallino e delle sue applicazioni. Si descrivono i vari oggetti, tra questi quel vetro che noi oggi chiamiamo ferma carte o fermaporte, se di più ampie dimensioni. Questi a quel tempo non era altrimenti definito che “pila”; essendo un semplice oggetto decorativo. Soltanto nell’800’ diventerà un pressa carte come si chiama tuttora a Murano, o presse-papier come fu letteralmente tradotto in Francia, dove fu eseguito nelle sue forme migliori. Chiamarlo fermacarte è un puro pretesto per un oggetto in realtà non legato alla sua funzione ma soprattutto all’effetto decorativo. Come è stato definito: “Un’umana invenzione che aspira a un momento di bellezza”. Il pregio di questo oggetto risiede soprattutto nella sua forma sferica, oltre che agli eccezionali effetti prodotti dalle inclusioni all’interno di essa. La scarsa attenzione al vetro e soprattutto agli oggetti considerati meramente decorativi ha determinato una scarsa produzione di saggi o libri su questo specifico manufatto. Oggetti di tipo sferico sono apparsi nel corso della storia dell’uomo. Foto 2. Sembra che le pile siano nate quasi per caso; alla fine della giornata, i vetrai della fornace invece di buttare via frammenti di vetro colorato, decisero di unirli fra loro alla rinfusa nel vetro fuso. Il risultato è stato un oggetto arrotondato e pesante, utile per tenere fermi i fogli di carta. Altra origine può essere stata quella di un “perlaro”, che abbia deciso di riunire il suo campionario ricoprendolo con una massa di vetro trasparente, o un “margheritaio”, che raccolse i resti delle sue canne in un unico blocco di vetro, originando il millefiori. Intorno al 1600 a.C. gli egiziani combinavano canne colorate, bastoni e perline di vetro assemblati in motivi intarsiati in un guscio di vetro trasparente. Questi elementi sono stati usati per decorare vasi e piastrelle. Dopo che l'Egitto e la sua raffinata cultura furono assorbite dall'Impero Romano, questo tipo di decorazioni divenne popolare a Roma. Dopo il declino dell'Impero d’Occidente, la produzione del vetro continuò a prosperare e svilupparsi, in Egitto e in Siria, ora sotto il dominio arabo, e nell'Impero d’Oriente da dove fu importata a Venezia e Murano, intorno al 1200 a.C. Nei secoli acquisì funzione di: tappo, maniglia, calamaio, ecc. Per un lungo periodo seguì una stasi nella produzione vetraria italiana. Fino a giungere al 1500, quando si   riprese soprattutto a Venezia. Bisognò però attendere il 1845 e l’esposizione di Vienna per vedere esposto un press-papier millefiori prodotto da Pietro Bigaglia (1786-1876); che ispirò la produzione di fermacarte francesi e boemi. Foto 3. Bigaglia produsse queste opere in una piccola fabbrica, nel magazzino della sua casa a Venezia; assumendo due vetrai muranesi che in precedenza avevano lavorato per Domenico Bussolin. Le sue opere furono esposte nuovamente al Museo del Vetro di Murano nel 1864, alla prima grande esposizione di Venezia e dei vetrai muranesi. Altri importanti produttori di fermacarte veneziani della metà del XIX secolo furono Giovanni B. Franchini (1804-73) e Domenico Bussolin (1805-86). Pochi anni dopo, i fermacarte di vetro furono prodotti in Francia, Germania, Regno Unito e America. Foto 4. Dal 1860 la popolarità dei fermacarte in vetro di Murano diminuì a favore dei modelli francesi. Ciò determinò la fine della loro produzione, che riprenderà intorno al 1930, da allora in poi se ne fecero di due categorie: quella commerciale, con motivi e disegni ripetitivi, di poco o scarso valore estetico e artistico; e quella più propriamente artistica da parte più importanti artefici muranesi, quali Venini, Salviati, Cenedese, Vistosi, con la sperimentazione di nuovi linguaggi estetici e la produzione limitata a pochi esemplari. Foto 5.

Il primo fermacarte noto prodotto dalla manifattura francese di St. Louis è datato 1845, ma si presuppone che la produzione fosse iniziata almeno dieci anni prima. Fino al 1860 troviamo talvolta incisa la firma di fabbrica ”SL” al di sopra della data. Questa manifattura utilizzava una varietà di canne in vetro abbastanza ridotta con prevalenza di motivi di bouquet floreali e con frutta. I colori più utilizzati furono le combinazioni di: giallo e blu, rosso e blu, verde e rosso.  Il motivo più caratteristico è chiamato a corona, in esso le canne corrono a raggera partendo dal centro del presse-papier, sagomate a spirale e intercalate da reticello lattimo opaco. Foto 6. La fabbrica Baccarat (attiva dal 1764) fu la principale produttrice di fermacarte, datati e firmati con una B sopra la data; la produzione di presse-papiers data dal 1846. Grande è la produzione, ancora attuale, di Lalique. Foto 7. In Italia dal Novecento iniziarono a essere prodotti quali “souvenirs”, dove su uno strato superficiale di vetro lattimo era tracciata una data o delle iniziali. Foto 8. In Toscana ne furono prodotti a “tartaruga”, imitanti l’alabastro o con il tipico vetro verdastro. Un po’ ovunque furono prodotti quelli contenenti soggetti religiosi, venduti soprattutto presso i santuari, oggi sostituiti da quelli così detti a palla di neve. L’Art Nouveau con i suoi principi di impiego dell’arte nella produzione industriale, trovò nel presse-papier un soggetto ideale. Foto 9.

La maggior parte di essi è creata facendo una raccolta e pressandola verticalmente su canne di millefiori o pezzi di vetro colorato, modellati a pinza e poi coprendo il tutto con un'ulteriore colata di vetro trasparente; ottenendo una forma sferica e quindi ricotto in un forno di ricottura. Altre tecniche sono quella detta a boulles, ottenuta mediante inclusione di medaglioni o scenette d’oro; quella overlay in cui solo da certe posizioni è possibile intravvedere i motivi inclusi; quella dei solfure; con la superficie millefiori; in vetro aventurina; agatizzato; ecc. Anche se sembra semplice, un complicato fermacarte millefiori potrebbe richiedere fino a un giorno per essere completato e al suo interno fino a 180-220 canne. A partire dal 1970, la produzione ha subito una nuova contrazione e si è progressivamente trasferita sulla terraferma attorno a Venezia, mentre una produzione raffinata, di nicchia e di alta gamma è rimasta sull'isola. Ciò si è imposto per rimanere competitivi e combattere l'invasione di falsi fermacarte contrassegnati come "vetro di Murano", ma in realtà realizzati in Cina Foto 10.

Tradizionalmente hanno forma sferica un po' schiacciata, ma anche ovoidale per essere meglio impugnati dalle dame, che, al contrario di oggi, desideravano, come si racconta a Venezia, porgere una mano fredda.

Non è facile datarli a causa del continuo passaggio di tecniche e segreti di produzione da una fabbrica all’altra.

Come si esegue un presse-papier? Si attinge dalla pasta una levata con la canna, la si appoggia sul bronzin e con una spatola di vetro si modella l’anima da includere, ad esempio un fiore; lo si torna a riscaldare e lo si immerge nella massa vetrosa liquida. La forma è data alla palla dal movimento rapido della canna. Il mille fiori è creato con l’accostamento successivo e sapiente di diverse canne composite, fatte allungando fili sottilissimi tirati da due operai, poi tagliati alla bisogna. Si possono accorpare anche figure, dapprima eseguite a stampo e poi tirate rendendole canne via via più sottili. Trattandosi di un manufatto alquanto massiccio, onde evitare tensioni nelle diverse fasi di lavorazione il presse-papier è posto a raffreddare in secchielli pieni di cenere.

Riconoscere i falsi non è facile. Se di materiale plastico la prima spia è il calore. Se eseguiti in vetro bisogna considerare la decorazione inclusa, che potrebbe essere eseguita in altri materiali, oppure presentare un’eccessiva regolarità o essere troppo grossolana. Il presse-papier italiano è realizzato in vetro trasparente o verdastro e sulla base, può apparire la traccia del pontello, che normalmente è molata e lucidata, ma non troppo lucida. Una base lucida e poi graffiata è segno d’imitazione dell’antico.

Pochi presse-papiers antichi sono sopravvissuti, resi fragili soprattutto a causa delle crepe e delle bolle d’aria, che il rimescolamento della massa vetrosa provocava. Foto 11.

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