SCHEDE TECNICHE

Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro

per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.

Si ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il

Tribunale di Bologna www.perito-arte-antiquariato.it

 

La carta stampata. Parte terza. Le carte da giuoco.

Le prime notizie sull’uso delle carte da gioco in Cina risalgono al X sec. d.C., poco dopo l'invenzione della carta. Denominate carte moneta presentavano tre semi: Jian o Qian (monete), Tiao (il foro che le monete cinesi avevano per appenderle a una corda), Wan (diecimila). Numerate con ideogrammi numerali da 2 a 9 per ognuno dei tre semi. Pare che le carte stesse fossero in realtà denaro, contemporaneamente strumento di gioco e posta della scommessa. Da esse derivarono i pezzi del domino. Nel corso del XII sec. comparvero i mazzi di cartoncino pressato insieme alle tradizionali tessere d’osso e d’avorio. Le carte da gioco giungono in Europa verso la fine del Trecento, attraverso il contatto con i Mamelucchi egiziani; la loro esistenza prima di allora non appare verosimile. Le carte mamelucche erano già simili a quelle moderne, con 52 carte di quattro semi: Jawkân (bastoni da polo), Darâhim (denari), Suyûf (spade) e Tûmân (coppe). Per le carte figurate, essendo vietata la riproduzione della figura umana, al suo posto appariva la descrizione scritta dei personaggi. Le prime carte cinesi arrivarono in Europa alla Persia e da questa in Egitto. Non sappiamo se furono queste carte a influenzare quelle indiane o il contrario. Le carte indiane sono rotonde, dipinte a mano e comprendono più di quattro semi.  Alla fine del Quattrocento il gioco delle carte passò dai nobili al popolo favorendone una notevole diffusione; sostituendo i quattro semi, scimitarre, coppe, melograni e bastoni, con quelli legati alle attività umane: per il lavoro i bastoni, per la religione le coppe, per la guerra le spade e per il commercio i denari.

Le carte europee più antiche conosciute, 1390-1410, sono note con il nome di «Italia 2», la loro origine è incerta. Risale al 1430 lo Stuttgarter Kartenspiel (Mazzo di Stoccarda). I più antichi tarocchi sono invece i famosi mazzi chiamati dei Visconti, del XV sec. Probabilmente l’invenzione dei tarocchi è italiana, sebbene si creda erroneamente che siano stati importati in Europa dagli Zingari. L’uso cartomantico dei tarocchi nasce con l’Illuminismo, quando i filosofi occultisti ne associarono i simboli ai geroglifici egizi. Ricordiamo alcuni pregevoli esemplari di tarocchi dipinti rinascimentali, quelli di: Bonifacio Bembo (attivo tra il 1440 e il 1478), Andrea Mantegna (1431-1506), Albrecht Dϋrer (1471-1528), Mercantonio Raimondi (1480-1534), Hans Holbein (1494-1519), ecc. L’invenzione della stampa xilografica, documentata dal 1392, favorì il diffondersi delle carte. In Europa l’aspetto delle carte fu molto vario, dapprima c’erano tre figure re, cavalieri e servi, poi fu aggiunta la regina e si ebbero, nel Quattrocento, mazzi di 56 carte, sedici figurate e quaranta numerate. I semi erano quattro, ma di diverso tipo: i tedeschi usarono cuori, campane, ghiande e foglie; in Italia e Spagna spade, bastoni, coppe e denari; in Francia, dopo il 1480, cuori, quadri, picche e fiori. In Inghilterra sono usati i semi di origine francese, probabilmente importati dal continente dai soldati di ventura: hearts (cuori), clubs (bastoni), spades (vanghe, a indicare le picche) e diamonds (quadri). Sulle carte erano presenti i nomi dei personaggi con riferimento ad eroi storici o mitici, ad esempio sulle carte parigine i re di picche, cuori, quadri e fiori erano rispettivamente Davide, Carlo Magno, Giulio Cesare e Alessandro Magno; le regine erano Pallade, Giuditta, Rachele e Argine; i fanti erano Uggeri, La Hire, Ettore e Giuda Maccabeo. Col passare dei secoli il disegno è divenuto più schematico e alcuni particolari sono andati perduti. Il re di cuori brandiva un'ascia sopra la testa e non una spada dietro la testa. Il fante di picche portava una lancia, divenuta l’incomprensibile oggetto che è ora raffigurato sulle carte moderne. Verso la fine dell'Ottocento, fu deciso di rovesciare quelle figure che avevano il seme a destra per aumentarne la leggibilità, quando sono disposte a ventaglio. La Rivoluzione Francese portò alla definitiva assunzione dell’asso come carta di valore maggiore, sostituendo quella del re; affermando il principio rivoluzionario che il più umile sostituiva il più potente. Le indicazioni del valore della carta sugli angoli e sui bordi cominciarono a comparire alla metà dell’Ottocento per permettere di tenere le carte ravvicinate a ventaglio con una sola mano, prima le carte si tenevano con le due mani. Le figure simmetriche (a due teste) furono introdotte in modo che un giocatore non dovesse capovolgere la carta per averla dritta, rischiando di fornire indicazioni di quali carte avesse in mano. La divisione in cuori per amore, quadri per ricchezza, fiori per fertilità o sapienza e picche per morte, sembra essere piuttosto recente.

Le carte erano dipinte a tempera e poi ad olio su cartoncino. La tecnica xilografica consisteva nell’imprimere con matrici di legno le sagome delle carte sui fogli di cartoncino, procedendo poi alla pittura dei colori e dei particolari a mano o a stampa con più matrici, una per colore; poi si ritagliavano. In entrambi i casi si potevano aggiungere delle parti dorate, sia con il metodo tradizionale, sia con quello a stampa. Con il metodo tradizionale si applicava la colla nelle parti da dorare a pennello, in quello a stampa la colla era applicata con le matrici, poi si poggiava il foglio di lamina d’oro, si pressava e, una volta asciutto, si toglieva con una spazzola la parte non adesa; quindi si bruniva con la pietra. I dorsi erano decorati con analoga metodologia; nelle carte più economiche erano semplicemente tinti con un colore monocromo. Dall’inizio dell’Ottocento si utilizzo la stampa litografica (stampa litografica vedi le schede sulle tecniche di stampa) e poi quella moderna tipografica.

 

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