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Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
La raffigurazione sulle
superfici. La pittura ad olio. La crettatura (craquelure).
Strumenti d’indagine dell’autenticità.
Nei dipinti fino
all’Ottocento il colore era steso per velature, che sovrapponendosi creavano le
varie tonalità. Non s’impastavano i colori fra loro, fatta eccezione per la
biacca usata come schiarente. Le stesse ombreggiature erano ottenute partendo
da una base più scura.
Con il tempo lo strato
pittorico è soggetto a diverse modificazioni, che possono servirci per indagare
sull’autenticità, sulle eventuali modifiche e sui restauri.
I colori ingialliscono o a
causa di un’errata conservazione al buio o con troppa umidità. Tale processo
può essere reversibile con un’adeguata esposizione in ambienti climatizzati e
luminosi. Al contrario l’ingiallimento causato dal tempo è irreversibile ed è
causato dall’ingiallimento dell’olio essiccativo usato. L’olio di lino
ingiallisce più di quello di noce; quello di papavero meno dei precedenti. Per
tale motivo nei dipinti antichi il bianco non si presenta mai puro, il blu e
gli azzurri assumono la caratteristica tonalità verdastra e tutti gli altri
sono parimenti modificati. I gialli sono i colori più instabili e deteriorabili
con l’esposizione alla luce. Per tale motivo la presenza di gialli
eccessivamente brillanti indica un loro possibile recente impiego. Il verde
essendo ottenuto mischiando il giallo ed il blu per la stessa ragione tende a
virare verso il bruno, a mano a mano che la componente gialla si deteriora.
Irreversibile è pure il
processo di perdita della capacità coprente soprattutto degli strati più
sottili, come le velature, che con il tempo tendono a divenire più trasparenti.
Spesso sotto il bordo della cornice si possono ammirare i colori, che protetti
dalla luce, restano più brillanti e simili a quelli originali. L’assenza di
tali differenze può indicare una manomissione del dipinto. A causa
dell’ossidazione i blu, i rossi ed i gialli si scolorano; i verdi tendono a diventare
bruni.
La crettatura (craquelure) è costituita da caratteristiche linee visibili
sulla superficie dei dipinti, causate da screpolature e rotture dello strato
pittorico. Le screpolature provocate dal ritiro del colore sono dovute
all’essiccamento dell’olio ed all’ossidazione. I granuli dei pigmenti agiscono
come tanti punti fissi ancorando il colore al fondo ed obbligandolo, quando si
ritira per l’essiccamento, a fratturarsi scorrendo sulla preparazione liscia.
Le crettature da ritiro si presentano come fessure, che possono superare il
millimetro, ed interessano lo spessore del colore ed a volte superficialmente
lo strato di preparazione; ma non raggiungono mai la tela. Per tale motivo esse
tendono ad essere dello stesso colore della preparazione. L’entità di tali
crepe dipende dalla tecnica usata dal pittore. Esse possono assumere vari
andamenti: a reticolo, a pelle di coccodrillo, a spirale; hanno varie cause
ancora non totalmente indagate. Vi sono poi le microcrettature,
che si possono generare negli strati delle riprese dopo la prima stesura, e
quelle da pennellata, che si formano nel punto dove il colore è più sottile
all’interno della pennellata. Le crettature da ritiro sono più frequenti nei
dipinti eseguiti tra il Seicento e l’Ottocento, più raramente in quelli
precedenti; compaiono nelle pitture italiane del Cinquecento e del Seicento,
che già utilizzava l’olio di noce soggetto a ritiri, in alcune lacche, come i
rossi nelle tavole medioevali, e di rado nei fiamminghi del Quattrocento. Spesso
le ridipinture, i ripensamenti e le copie successive presentano crettature da
ritiro più evidenti.
Le incrinature da
invecchiamento raggiungono la tela, sono inferiori al millimetro e di colore
nerastro. Esse sono provocate dalla rottura meccanica dello strato pittorico
polimerizzato e non più elastico a causa dell’invecchiamento. Si presentano
come un fitto reticolo con andamento rettilineo o leggermente ricurvo. La
pittura fresca è più elastica e riesce a compensare le trazioni e le
vibrazioni, ma dopo circa 60-120 anni l’invecchiamento ha ormai irrigidito il
colore e cominciano a formarsi le crettature da invecchiamento. Il primo colore
a creare crettature è il bianco. La presenza di queste fratture è uno dei pochi
aiuti nella datazione dei dipinti dell’inizio del Novecento. Un fondo più
spesso provoca maglie più allargate. Tipiche sono le crettature da
invecchiamento provocate dal telaio, si sviluppano lungo la piegatura provocata
da esso ed assumono un andamento parallelo al telaio stesso. La presenza di
crettature parallele nella zona soprastante, sopra le assi del telaio, indica
di norma una contraffazione. L’esistenza ad uguale distanza di più gruppi di
linee di crettatura parallele può indicare la sostituzione del telaio
originale. L’assenza di crettature parallele su uno o più lati in
corrispondenza del supposto telaio antico indica di norma che il dipinto è
stato tagliato. Le crettature da frattura a raggiera indicano che una forte
pressione è stata applicata dal retro del dipinto. Si possono anche riscontrare
crettature da invecchiamento a ghirlanda in corrispondenza dei chiodi, che
fissano la tela.
Le crettature da ritiro
artificiali sono create stendendo sul dipinto una mano di vernice a rapida
essiccazione, che le forma contraendosi maggiormente della pittura sottostante,
o alternando passaggi repentini dal caldo al freddo. In generale tali
falsificazioni sono riconoscibili perché troppo regolari e soprattutto perché
interessano tutto il dipinto in maniera uniforme. Esse al pari delle crettature
dipinte o disegnate sono facilmente identificabili con l’ausilio di una
semplice lente ad ingrandimento in quanto non è presente la frattura, ma sono
solo superficiali; quelle incise si riconoscono perché assomigliano a solchi.
Le crettature artificiali più difficili da riconoscere sono quelle provocate da
rottura. Si procede in due modi. Nel primo il dipinto è eseguito su di un
foglio di carta o su di una tela sottile, poi si essicca il tutto e lo si piega
su un bordo di un tavolo provocando le rotture, quindi si trasferisce la
pittura su di una tela antica. In questo caso però le crettature risultano un
po’ troppo rettilinee e geometriche. Nel secondo modo le rotture sono
realizzate deformando il dipinto dal retro. Anche in questo caso le fratture
appaiono più schematiche e troppo concentriche rispetto alle originali. Se è
possibile riprodurre crettature artificiali, è più impegnativo riprodurre una
falsa crettatura, che penetri anche la preparazione, riuscendo a creare quelle
isole concave che distaccano i propri bordi dal supporto nella tipica forma
detta a scodellina. D'altronde se una
tela con una preparazione fragile, dopo aver accelerato l'essiccamento del
colore, viene arrotolata, si provocano cretti penetranti e dall'aspetto verosimile.
Lo spigolo del bordo delle
crettature, che quando si forma è ad angolo retto, col tempo a causa del suo
rilievo tende a consumarsi. È possibile osservare questa particolare smussatura
della crettatura al microscopio o con la macrofotografia.
Particolarmente utile è
l’osservazione a forte ingrandimento dei colori, se appaiono granuli evidenti
di varia forma e spessore, ciò indica che i colori sono stati macinati
manualmente nel mortaio; al contrario oggi la moderna macinazione industriale
rende le polveri più omogenee e con granuli molto piccoli quasi invisibili,
anche per questo gli spessori delle pennellate sono minori, infatti le polveri
più sono fini più risultano coprenti. La superficie dei dipinti è naturalmente
soggetta con l’invecchiamento ad assumere un generale tono grigiastro;
rimuovendo la verniciatura finale spesso si rivela questa patina uniforme, che
non è possibile al momento falsificare, al contrario nei dipinti recenti
appaiono i colori brillanti tipici di una pittura fresca.
Spesso il falsario invecchia
la superficie del dipinto applicando vernici annerenti; ma queste non hanno mai
il caratteristico aspetto a macchie variamente distribuite e di diverso
spessore e colore tipico dell’annerimento antico.
Nelle precedenti schede
abbiamo elencato i colori esistenti nelle varie epoche. Ovviamente la presenza
di colori non coevi indica una falsificazione; inoltre il gesso spento, inerte
utilizzato nelle preparazioni, prima del 1850 era disponibile solo allo stato
naturale e non in quello attuale, che è fabbricato: un attento esame al
microscopio ci può fare distinguere quello naturale da quello artificiale.
Con mezzi d’indagine come la
fotografia ad infrarossi o la radiografia si possono rilevare crettature non
visibili in superficie. Ciò può accadere sia nel caso di restauri, sia in
quello di ridipinture, che abbiano modificato il dipinto, sia nel caso
d’utilizzazione di un vecchio dipinto come supporto per l'esecuzione di quello
nuovo. La riflettografia infrarossa, ci permette di
scoprire il disegno preparatorio, la cui analisi è estremamente utile ai fini
dell’indagine.
Grazie alla macrofotografia
ed all’indagine a forte ingrandimento, lente o stereoscopio, si possono
rilevare eventuali interruzioni delle crettature in prossimità della firma, di
scritte, date od altro; sicuro indice di ridipinture. Lo strato pittorico
antico si è solidificato ed irrigidito ed è dunque in grado di resistere a
semplici sistemi empirici d’indagine, come: la prova dell’alcol, consistente
nel verificare se il colore resiste al contatto con un batuffolo di cotone
impregnato d’alcol; la prova dello spillo con cui si determina, pungendo la
superficie con la punta di uno spillo la resistenza alla penetrazione, o quella
detta dell’unghia, in cui analogamente la verifica è condotta graffiando con
l’unghia la superficie e picchiettandola per verificarne la compattezza. Un
esame più scientifico è quello condotto con il duroflessimetro,
che permette di misurare l’elasticità superficiale dello strato pittorico.
Ovviamente è bene condurre tali indagini in punti non rilevanti del dipinto ed
in particolare sui bordi coperti dalla cornice.
L’esame con la fluorescenza
ultravioletta (lampada di Wood) permette di rilevare le ridipinture e le
stuccature. Quando s’illumina un dipinto con la lampada di Wood, lo strato
pittorico appare con il passare degli anni sempre più luminoso, i colori
perdono le componenti bluastre assumendo un’intonazione giallastra, per contro
i ritocchi più sono recenti più appaiono scuri; in tal modo si possono
verificare oltre ai restauri le ridipinture e soprattutto l’originalità di
scritte, date, e firme. Certamente più incerta è la possibilità di datare il
dipinto con tale tecnica, in quanto la luminosità acquisita dal dipinto con gli
anni dipende da vari fattori come i materiali utilizzati, le mani di vernice
protettiva stese nel tempo, la sporcizia accumulatasi o le eventuali pulizie
eseguite, dalle condizioni di conservazione, ecc. molto utile è l’osservazione
a luce radente ed a quella riflessa, che permettono di rilevare i mutamenti
della superficie dovuti a restauri o ridipinture.
Si può ricorrere anche ad
indagini di laboratorio più complesse di datazione: per i colori analizzando il
livello di radioattività del piombo presente in essi, per quella approssimativa
del legno del telaio con l’analisi spettroscopica IR, ecc; ma tali indagini
devono e possono essere eseguite solo da professionisti specializzati.
In ogni caso dopo aver
indagato personalmente il dipinto è sempre necessario l’intervento del
professionista, antiquario o storico dell’arte, che soli grazie alla loro
esperienza possono esprimere un valido giudizio sul reale valore artistico e di
mercato dell’opera; perchè non sempre le modifiche ed
i restauri storicamente verificatesi tolgono in maniera significativa valore
all’opera, che deve comunque essere giudicata per le sue qualità estetiche,
storiche ed artistiche.