SCHEDA DI APPROFONDIMENTO.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte
dall’antiquario Pierdario Santoro, con la collaborazione della moglie Mara
Bortolotto, per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”.
L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.
L’orologeria,
parte seconda.
Dalla
nascita dell’orologio meccanico all’introduzione del pendolo.
La nascita dell’orologio meccanico
necessitò di un lungo periodo di gestazione e di adattamenti progressivi.
Doveva passare molta acqua sotto i ponti (in questo caso sarebbe meglio dire
nelle clessidre) dal pratico mezzo di misurazione col “piede” (consistente nel
porsi di schiena al sole e, rilevato un punto di riferimento, misurare la lunghezza
della propria ombra; ponendo un piede davanti all’altro, data la relativa
proporzione tra l’altezza di un uomo e
la lunghezza dei suoi piedi. Furono anche realizzate tabelle, che tenendo conto
della diversa inclinazione stagionale dell’orbita solare, indicavano la
corrispondenza tra il numero di piedi e l’ora del giorno; ad esempio, alla
nostra latitudine, in agosto tre piedi corrispondono a mezzogiorno); dalla
misurazione per mezzo di meridiane e gnomoni, che necessitavano sempre della
presenza del sole; e dall’uso di vari metodi meccanici, di cui il più
sviluppato fu senz’altro quello delle clessidre ad acqua; per arrivare al
moderno orologio al quarzo. Nell’antichità furono realizzati molti orologi,
anche pubblici, che permettevano misurazioni molto accurate, controllando
all’interno di un recipiente il livello dell’acqua, che defluiva da un foro
praticato alla sua base e ricorrendo a differenti sistemi con l’utilizzo di
meccanismi complessi: ingranaggi,
galleggianti, vari recipienti, ecc. Anche le clepsamie (così si dovrebbero
sempre chiamare le clessidre a sabbia) più o meno complesse furono efficienti
mezzi di misura. Per parlare di orologio meccanico è però necessario rilevare
la presenza di cinque elementi fondamentali: (1) un organo motore, peso o molla
che sia; (2) ingranaggi, che trasmettano demoltiplicandolo tale moto ad (3) un
elemento di distribuzione di un intervallo di tempo (denominato comunemente
scappamento), (4) regolato da un componente con moto isocrono (ripetizione di
uno stesso movimento in tempi uguali), sia esso pendolo, bilanciere o
vibrazione di un cristallo (come nei moderni orologi al quarzo); (5) un
indicatore della misurazione, visivo come un quadrante, sonoro come una campana od entrambi.
Si è molto parlato della possibilità che
già in epoca classica si fossero realizzati tali orologi, ma anche il complesso
meccanismo di Antikytera (I secolo avanti Cristo), provvisto di ingranaggi e
quadranti, sembra essere stato solo, si fa per dire, una macchina per eseguire
calcoli automaticamente.
l’orologio meccanico sembra sia nato tra
il 1230 ed il 1270 ed il più antico trattato, inglese, ad illustrarcelo è del
1271.
Inizialmente si produssero orologi da
torre pubblici, che dapprima indicavano le ore con il solo suono di campane,
poi con quadranti visibili all’interno ed in fine con “mostre” esterne. La
scarsa precisione obbligò a regolare l’ora con orologi solari per molto tempo,
normalmente a mezzogiorno. Per comprendere quanto la misura dell’ora fosse
legata al ciclo solare basta pensare al termine quadrante, che deriva da
quarto, misura corrispondente alla frazione di cerchio dell’arco dello
strumento usato per misurare l’inclinazione del sole sull’orizzonte.
Analogamente il termine sfere, spesso usato per lancette, deriva dai primitivi
quadranti astronomici rotanti, di forma spesso sferica, in cui l’indicatore era
fisso.
Il sistema usato per misurare
l’isocronia fu il foliot (dal francese folleggiare, fare il folle, ovvero
correre da una parte all’altra), costituito da un bilanciere a barra, una
specie di T il cui piede era connesso allo scappamento a verga, con movimento
rotatorio alternativo; per regolarne il moto si appendevano piccoli pesi
spostabili alle due aste superiori di detta T. Lo scappamento a verga era già
utilizzato da tempo anche per altre applicazioni meccaniche e consiste in
un’asta, appunto la “verga”, con due palette disposte in modo da lasciar
“scappare” un dente alla volta della ruota a tazza parallela. Non si trattava
di un metodo troppo efficiente e la precisione lasciava a desiderare. La
primitiva divisione del periodo di luce in dodici ore, a partire dall’alba e di
quello notturno dal tramonto era ai fini pratici soddisfacente, ma data la
diversa durata del giorno nei vari periodi dell’anno, ne risultavano ore di
durata diseguale. La nascita dell’orologio meccanico segna l’inizio della
misurazione del giorno in ore medie, tutte di eguale durata. Tuttavia la
situazione restò complessa. In Italia ed in Boemia il giorno era diviso in 24
ore e si iniziava il computo dal tramonto, che a sua volta varia di giorno in
giorno (in Italia dalla metà del
Su molti orologi sono presenti le più
svariate indicazioni astronomiche, sia per il gusto della complicazione e del
meraviglioso, sia per le esigenze astrologiche allora fortemente sentite e solo
marginalmente per esigenze scientifiche, la cui comprensione era alla portata
di pochissime persone. Ricordiamo il famoso “astrario” di Giovanni de Dondi,
vero compendio di tutte le conoscenze astronomiche della seconda metà del
Trecento. Il primo orologio da camera sembra essere stato quello eseguito per
Filippo il Bello nel 1300.
L’introduzione della molla all’inizio
del
All’incirca dalla metà del XV secolo
l’adozione della molla, e del bilanciere permisero lo sviluppo dei piccoli
orologi da portare addosso. Il Victoria and Albert Musium conserva il più
antico orologio esistente da persona; datato 1450. Per rendere meno ingombranti
i movimenti si ricorse allo stackfreed un sistema, disegnato già da Leonardo,
che permetteva per mezzo di una molla aggiuntiva di compensare la molla
principale senza ricorrere al conoide; applicato principalmente ad orologi
tedeschi portatili permette di datarli tra il
Un altro contributo fondamentale
dell’orologeria meccanica fu quello dato alla determinazione della longitudine
in mare, la cui misurazione approssimativa era causa di tanti naufragi. Se
Galileo con i suoi studi sulle orbite dei satelliti di Giove aveva contribuito
alla determinazione della longitudine a terra, le difficoltà di compiere tali
osservazioni astronomiche sul ponte traballante di una nave, sia pure in
condizioni metereologiche ottimali, avevano vanificato ogni tentativo di
applicarle alla navigazione. Restava solo il metodo di misurare con scrupolo il
tempo passato dalla partenza da un porto di cui fosse nota la longitudine. La
velocità si valutava da tempo in nodi (si misurava la velocità di scorrimento
di una corda, su cui erano ricavati nodi a distanza regolare, agganciata ad un
galleggiante fuori bordo); per il tempo, solo un orologio estremamente preciso
sarebbe riuscito nell’intento.
Fino alla metà del
Gli orologi a lanterna, così chiamati
dalla caratteristica forma, datano dal 1620; anche se più comunemente sono
prodotti nel
L’introduzione del pendolo modificò
completamente la situazione, al punto che si sostituì all’uso del termine
orologi quello di pendole. Sembra ormai appurato che la primogenitura di tale
applicazione all’orologeria sia da attribuire a Galileo Galilei, che, dopo le
leggi sull’isocronia del pendolo del 1583, ormai cieco incaricò, poco prima di
morire nel 1642, il figlio Vincenzio, di realizzare un prototipo di orologio a
pendolo con scappamento a scatto, da questi eseguito intorno al 1649.
È comunque merito indiscusso
dell’orologiaio Christian Huygens l’applicazione nel 1657 del pendolo ad uno
scappamento tradizionale a verga e la diffusione di tale applicazione con la
pubblicazione del suo famoso trattato.
Se con la realizzazione, dal regno di
Luigi XIV, delle pendole denominate religiose, per la forma imitante la
facciata di un convento, l’applicazione del pendolo è la regola, bisogna
ricordare, come avverrà successivamente per altre significative innovazioni,
che tale elemento non costituisce di per se motivo sufficiente di datazione a
causa della consuetudine di modificare i movimenti esistenti per renderli più
efficienti.