SCHEDA DI APPROFONDIMENTO.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono state scritte
dall’antiquario Pierdario Santoro, con la collaborazione della moglie Mara
Bortolotto, per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore Europeo”.
L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.
L’orologeria,
parte prima.
Con quell’odierna
iniziamo una serie di schede riguardanti l’orologeria antica d’arredamento.
Gli orologi si dividono in due categorie
principali: murali e d’appoggio.
Quelli da muro hanno diverse
denominazioni secondo la tipologia. Chiamati a cassa lunga od a colonna, con il
movimento ed il quadrante posti nella parte superiore, mentre quell’inferiore contiene il pendolo ed i pesi. I cartels, di forma particolare terminanti in basso a punta
(i più estrosi sono quelli Luigi XV) ed i più antichi con la mensola, cui sono
appoggiati, indipendente (soprattutto d’epoca Luigi XIV e Luigi XV), con carica
a molla. Le lanterne (così chiamati per la caratteristica forma, di produzione
generalmente settecentesca) ed i foresta nera
(ottocenteschi, con gli ingranaggi di legno).
Quelli d’appoggio a loro volta possono
essere da mensola (detti anche da camino) di norma con carica a molla e pendolo
interno alla cassa, e da tavolo, che essendo spostabili sono regolati da un
bilanciere (detto anche movimento a spirale dalla forma della molla sotto il
bilanciere stesso).
Esiste anche una tipologia piuttosto
rara d’orologi monumentali con propri basamenti, collocabili anche da centro; e
d’orologi incassati in mobili o nelle boiseries.
Come
valutare il valore di un orologio.
Il più importante fattore di valutazione è
costituito dalla qualità; sia della cassa, che del movimento.
Tale qualità non si esprime solo con la
ricchezza della decorazione o con la complessità dell’orologio, ma soprattutto
con il livello di perfezione complessivo.
Per la cassa dobbiamo
analizzare: l’eleganza del disegno, la bellezza e ricchezza dei decori, la
qualità dei materiali, le proporzioni anatomiche delle figure, l’incisività e
fluidità del cesello, l’armonia tra il od i quadranti (esistono pendole a più
quadranti) ed il mobile, la piacevolezza e l’originalità del soggetto, ecc. Per
l’orologio: la fattura del movimento, le invenzioni originali, l’esecuzione e
l’eleganza degli ingranaggi, la molteplicità delle funzioni, l’importanza del
quadrante e delle lancette, ecc. I quadranti più importanti sono quelli
scolpiti, forniti insieme alla cassa e quelli smaltati con decori particolari.
L’ antichità dell’epoca di produzione
non costituisce in sé un valore assoluto, ma bisogna sempre rapportarlo agli
altri elementi; fatta eccezione per il limite del 1830-1840, che segna il
passaggio tra l’orologeria antica e quella moderna (considerata contemporanea
dopo la seconda guerra mondiale) ed una reale differenza nella qualità della
lavorazione e dei materiali, nell’esecuzione tecnica e nello stato di
conservazione (generalmente più scadente proprio a causa della peggiore
qualità). Dopo tale data le dorature sono di solito galvaniche
e le fusioni più intere meno frazionate, meno curate nel cesello (vedi la
scheda sulle tecniche di fusione, apparsa in altro numero); il che comporta una
progettazione ed una manodopera di gran lunga inferiore, con costi notevolmente
abbattuti e di conseguenza valutazioni più basse. La
produzione non solo è seriale, ma spesso standardizzata, che è la vera
differenza tra la produzione artigianale e quell’industriale.
Ricordiamo che i processi industriali presero avvio in America allorquando alla
fine del Settecento, durante la guerra d’indipendenza, i patrioti si trovarono
decisamente male armati rispetto all’efficiente
esercito inglese. Sorse quindi l’esigenza di produrre velocemente un gran
numero d’armi. Questo si ottenne standardizzando i processi produttivi, in modo
da poter fabbricare le varie parti in luoghi diversi per poi montarli altrove;
al contrario di quanto avveniva in precedenza, quando ad esempio il cane di un
fucile poteva essere montato solo su quel fucile. Tale modalità è alla base
della moderna produzione di massa. Terminate le esigenze belliche fu proprio
all’orologeria che si trasferì tale procedimento; giungendo in breve tempo al
monopolio americano della produzione seriale degli orologi da tasca a scapito delle fabbriche svizzere, che solo dopo il 1820, grazie
all’adozione della produzione industriale standardizzata, riuscirono a
riprendere la passata posizione di predominio. Naturalmente gli orologi a
pendolo costituivano un bene di lusso e per tale ragione la produzione standard
tardò ad affermarsi. Basti pensare che prima della rivoluzione francese si producevano ogni anno a Parigi duecentomila orologi da tasca
e solo cinquemila pendole; che già durante l’Impero il numero delle pendole
restò lo stesso, mentre da tasca si passo a produrne trecentomila. In linea di
massima sono indice di produzione moderna: i cosiddetti trittici, gli orologi
provvisti di campana soffiata in un solo pezzo, la presenza di placchette di
porcellana (sovente decorate a decalcomania, procedimento riconoscibile con una
lente per l’aspetto puntinato della superficie) e di
quadranti di porcellana (i quadranti antichi sono di rame smaltato).
Lo stato di conservazione è
determinante, con particolare attenzione alla completezza dei pezzi; essendo le
casse composte di più elementi uniti con perni, viti e dadi, è molto comune il
caso di mancanze, testimoniate dalla presenza di forellini là dove un elemento
era in precedenza fissato. E’ anche comune il caso in
cui si sia proceduto, recentemente od in passato, ad
un’integrazione con elementi impropri, provenienti da altri oggetti (la
conoscenza del soggetto rappresentato o della mitologia, nel caso d’eroi e
divinità, permette di determinare se un accessorio di una figura è di fantasia
ed incongruente, non corrispondente agli attributi storici. Un’attenta
osservazione, unita all’esperienza, generalmente permette di scoprire le
eventuali sostituzioni). La mancanza di parti, come la loro sostituzione
costituisce il danno più grave, rimediabile solo trovando un altro orologio
simile; perchè spesso non siamo neanche in grado di conoscere la tipologia e le
dimensioni di quanto mancante, ma rinvenirne due eguali per averne uno completo
è evidentemente dispendioso oltre che difficoltoso. Questo tipo di danno riduce
anche del settantacinque per cento il valore dell’orologio; essendo oggi
reperibile un orologio completo su dieci.
L’integrità e soprattutto l’originalità
dei movimenti e dei quadranti sono fondamentali.
Costituisce minore importanza
l’originalità dei pendoli e delle chiavi di carica, che normalmente è
impossibile certificare (si può determinarne l’epoca, ma non l’appartenenza;
dato che la sostituzione può essere antica), e di tutte le altre parti mobili
od accessorie.
Lo stato di conservazione della doratura
è altresì determinante. Le parti dorate devono essere pulite, la patina
sull’oro non esiste si tratta solo di sporco, si dora proprio perché l’oro è
incorruttibile e di conseguenza non soggetto a patina, che è bene ribadire è
costituita dalla trasformazione chimico fisica dei
materiali per opera del tempo, non dalla sporcizia e dai depositi degli
insetti. Soprattutto le dorature a fiamma devono risultare integre, in
particolare nelle parti lavorate ed in quelle opache, meno in quelle lucide e
lisce (diversa e la procedura di doratura per ottenerle); anche perché la loro
robustezza raramente ci consegna manufatti eccessivamente deteriorati. Quelle
galvaniche, spesso gravemente rovinate, al contrario è meglio lasciarle in
“patina” proprio perché il bronzo, avendo perso la doratura, ha acquistato un
aspetto diverso dovuto alle ossidazioni provocate nel tempo. Per questo motivo
spesso orologi più antichi sono conservati meglio di altri più recenti.
E’ indispensabile che un orologio sia
funzionante, ma quasi sempre, se esso è di qualità e se la cassa è in ottimo
stato, dopo un’adeguata revisione e pulizia il movimento risulterà marciante,
al massimo necessiteranno riparazioni minime, che qualunque orologiaio esperto
e volenteroso dovrebbe essere in grado di effettuare.
Un elemento di valorizzazione è
costituto dalla conoscenza dell’autore della cassa o del movimento, ma solo
alla presenza di un’adeguata qualità; in antiquariato si deve sempre comprare
l’opera non la firma o l’attribuzione.
In passato la “firma”, che sovente
compare sul quadrante non è sempre quella dell’orologiaio o del cassista produttori. Era il marchand-mercier
(mercante-tappezziere, corrispondente a mercante-architetto-arredatore)
o l’orologiaio di corte che spesso provvedevano alla fornitura degli orologi
facendo apporre il proprio nome. Commissionava la cassa all’artigiano che
possedeva i modelli e l’orologio al costruttore di fiducia; per questo motivo
orologi simili presentano casse pressoché identiche e quadranti quasi sempre
differenti, anche quando appartenenti alla stessa collezione. Un esempio tipico
è quello dei “Le Musy”, importante dinastia
d’orologiai di corte torinesi, che firmano molti degli orologi dei Savoia pur non avendone mai fabbricati.
La rarità degli esemplari costituisce un’importante fattore per gli orologi più antichi e di
produzione italiana o provinciale, meno per quelli francesi, inglesi o
svizzeri. Contrariamene a quanto si ritiene oggi, erano proprio i soggetti alla
moda o collocati in posizioni prestigiose, come i saloni di rappresentanza e
quindi più visibili da parte dei grandi personaggi, che naturalmente all’epoca
suscitarono maggior desiderio e di conseguenza furono più replicati, non certo
quelli posti in camere meno frequentate od in dimore più modeste. Conosciamo diverse
repliche di soggetti famosi, sempre d’ottima qualità, ed è propriamente
l’importanza della committenza che ci deve guidare nella valutazione. Il
mercato, soggetto alle sue mode, può conoscere alti e bassi, ma la pendola nata
per un palazzo reale sarà comunque nel tempo premiata
da quotazioni più alte e costanti di quella, momentaneamente in auge, costruita
per una residenza di campagna o per un albergo. Naturalmente bisogna sempre
tenere in particolare considerazione quei pezzi d’eccezionale valore storico,
provenienti da importanti collezioni. La presenza in musei e palazzi storici e
la pubblicazione in testi importanti di modelli simili hanno rilievo nella
valutazione, perché certifica con maggiore sicurezza l’originalità,
l’importanza e la storia dell’oggetto. Da ultimo rileviamo che oggi tali opere
sono spesso pagate molto meno di quando furono
prodotte. Nel Settecento una pendola costava da trecento lire francesi in su; considerando gli stipendi ed il potere d’acquisto
dell’epoca, per una pendola modesta erano necessari quindicimila euro,
superando per i capolavori il milione. Un orologio da tasca modesto poteva
costare una cinquantina d’euro.
Nelle prossime schede affronteremo le
varie epoche, illustreremo nel dettaglio quali elementi considerare per
determinare l’autenticità e l’epoca.