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Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
L’orologeria, parte
quarta.
Dall’ora
rivoluzionaria alla rivoluzione industriale.
Nel campo filosofico L’Illuminismo ed in quello
artistico il Neoclassicismo, tesero costantemente ad un processo di
razionalizzazione. I Classici, merito anche dei ritrovamenti archeologici della
metà del Settecento, divennero il metro con cui misurare la perfezione. Questa
tendenza di semplificazione delle linee e di purezza estetica è evidente
nell’orologeria. Prendiamo ad esempio: nella pendoleria
i regolatori astronomici con eleganti quanto rigorose casse a cage (letteralmente a gabbia, ovvero con le
pareti vetrate, per proteggere i delicati meccanismi dalle polveri e permettere
la visione degli ingranaggi perfettamente eseguiti) del parigino Antide Janvier (1751-1835); in quella da persona, con i già citati
(vedi la scheda precedente, parte terza) quadranti d’Abraham Louis Breguet
(1747-1823). Con la Rivoluzione tale processo giunse al suo culmine. La
tendenza a mostrare gli ingranaggi si afferma definitivamente negli orologi
scheletrici, sia da mensola, che da persona, In essi la perfetta esecuzione e
la disposizione dei rotismi diventano il principale elemento decorativo.
Il 4 Frimaio Anno II (24 novembre 1793) dopo varie
peripezie viene promulgato dalla Convenzione il “decreto sull’Era, l’inizio e
l’organizzazione dell’Anno, e sui nomi dei giorni e dei mesi” ed adottate le
“istruzioni sull’Era della Repubblica e sulla divisione dell’Anno”. E’ fissata
la data retroattiva d’entrata in vigore al 21 settembre 1792, data
dell’abrogazione della monarchia, coincidente con l’equinozio. L’anno è diviso
in dodici mesi di trenta giorni; il mese in tre decadi; il giorno in dieci ore;
l’ora in cento minuti; il minuto in cento secondi. Alla fine dell’anno si
aggiungono cinque giorni di feste repubblicane le Sanculottidi,
chiamate: della Virtù, del Genio, del Lavoro, dell’Opinione e delle Ricompense.
Ogni ciclo di quattro anni, chiamato Francesiade, si
celebra una sesta Sanculottide, la festa della
Rivoluzione.
Il 18 germinale anno III (7 aprile 1995), dopo meno
di diciotto mesi, è sospeso il decreto che rendeva obbligatoria l’ora decimale.
L’ora decimale, ebbe vita così breve: sia perché in
Francia esistevano quindici milioni d’orologi da persona e pendole che avrebbero
dovuto essere modificati; sia perché gli orologiai francesi avrebbero perso la
possibilità di esportare nel resto del mondo, che restava fuori della riforma;
sia perché ai fini pratici all’epoca non era molto differente usare il nuovo od
il vecchio sistema; sia in fine per la resistenza della tradizione.
Il calendario rivoluzionario restò in vigore per
dodici anni, abolito da Napoleone a partire dal primo gennaio
Al passaggio del secolo nasce un nuovo soggetto per
le pendole, detto “Au bon negre”, consacrazione dell’esotismo, che pervade
tutto il Settecento e che ora lascia l’Oriente per ispirarsi alle Americhe. A
ciò contribuirono diversi fattori. Gli scritti filosofici di Jean-Jacques
Rousseau sul mito del buon selvaggio. La guerra d’indipendenza americana,
appoggiata dalla Francia (furono anche prodotte alcune pendole su questo tema).
L’abolizione della schiavitù (Ripristinata da Napoleone divenuto imperatore).
La pubblicazione d’alcuni famosi romanzi, come “Paolo e Virginia” di Bernardin de Saint-Pierre, pubblicato nel 1787; o “Atala”
di Chateaubriand, del 1801.
Tutti questi selvaggi sono rappresentati con la
pelle nera, ma quelli d’America si riconoscono dal copricapo di piume. In
generale sono pendole non troppo rifinite, con palesi errori d’anatomia, ma
d’indubbio fascino. Fanno eccezione alcuni capolavori, come la cosiddetta
“Amore e Psiche neri” e pochi altri, rifiniti nei particolari con occhi
smaltati o riportati in vetro, orecchini di corallo, ecc; di cui Jean-Simon Deverberie fu uno dei
principali artefici. La maggior parte di essi furono prodotti nell’Ottocento,
molti nella Restaurazione ed anche dopo. Il ripristino della schiavitù li
condannò generalmente a collocazioni secondarie, fuori delle sale di
rappresentanza ufficiali e di conseguenza a committenze meno prestigiose.
Erroneamente le pendole au negre sono abitualmente datate fine
Settecento, mentre generalmente bisogna collocarle in epoca Impero o posteriore;
infatti, fanno seguito ai succitati romanzi, che ebbero rinomanza appunto
nell’Ottocento. Oggi hanno raggiunto cifre ragguardevoli, inadeguate al reale
pregio artistico e storico, si tratta di un fenomeno di moda quasi esclusivamente
italiano; essendo tali pendole sempre state eseguite con movimenti semplici e
piuttosto comuni, questo motivo ha reso conveniente la fabbricazione di falsi,
spesso grossolani, in cui solo il movimento tipo Parigi è d’epoca. Oggi è quasi impossibile produrre un movimento
falso, dati gli altissimi costi che ciò comporterebbe.
La vera invenzione originale dell’Impero fu quella delle
pendole au char. Si
ritiene che il bronzista parigino Ravvio sia stato il primo a collocare il
quadrante nella ruota di una pendola raffigurante un carro. Il generale
Napoleone passò le Alpi a cavalcioni di un mulo, ma David lo rappresentò nel
suo famoso quadro su di un destriero rampante; così anche Prud’hon nel “Trionfo del Console Bonaparte” (disegno al museo Condé a Chantilly) lo raffigura sulla quadriga della
Vittoria scortata da Amorini e Muse. I disegnatori d’orologi s’ispirarono
certamente a tale modello, anche se di norma troviamo una biga con due soli
animali, sicuramente tratta da quell’antica famosa esposta al Museo Vaticano.
D'altronde anche la ruota del carro disegnata da Prud’hon è molto simile a quella del carro romano, che, con i
suoi otto raggi a forma di fiore di Loto, diventerà l’archetipo della
maggioranza dei quadranti destinati a tali pendole. La ruota dei carri è di
solito traforata e permette di scorgere il movimento, continuando la tradizione
Direttorio degli scheletrici. Le cifre sono apposte su di una rondella smaltata
applicata al cerchione ed in casi più rari sono scolpite in rilievo, fuse sul
cerchione stesso. Fanno eccezione quelli in cui il cocchio assume una forma
particolare, per esempio di una conchiglia; in questi anche il quadrante è
scolpito secondo il soggetto. Come movimento si è utilizzato quello Parigi con un diametro variante tra i
cm. 8 (
Continua e s’intensifica la produzione delle pendole
portico, contraddistinte dai caratteristici supporti a colonna dell’orologio.
Sovente il movimento è di precisione con pendolo compensato a griglia, spesso sospeso
a coltello (senza filo e chiamato in questo caso regolatore). Il regolatore
da tavolo è una delle innovazioni tipiche della fine del Settecento; esso
serviva, come dice il termine, all’orologiaio per mettere in regola gli altri
orologi al momento del caricamento. Non si devono confondere questi esemplari
di pregio con quelli prodotti in gran numero nel corso dell’Ottocento,
costruiti prevalentemente in legno, spesso con ornamenti intarsiati anche di
madreperla, ed a volte con un falso pendolo a griglia, solo ornamentale. Questi
ultimi sono comunemente prodotti già industriali, costruiti a basso prezzo per
la borghesia, che si accontentava dell’apparenza piuttosto che della sostanza.
I portaorologio (oggetti di varia forma e materiali,
provvisti di una finestra rotonda cui si appendevano gli orologi da tasca, per poterli
vedere agevolmente quando li si posava) di produzione settecentesca, si
conservano anche nell’Ottocento, ma generalmente sono più poveri come quelli
tedeschi in legno intagliato. Essi evolvono nelle così dette pendolette, piccole pendole in miniatura, ma con il
movimento uguale a quello da tasca.
Come abbiamo accennato nella precedente scheda in
questo periodo inizia la produzione degli orologi da viaggio. Dopo quelli
preziosi di Breguet, comincia una certa standardizzazione del tipo soprattutto
ad opera di Paul Garnier (1801-69), che con una
visione anticipatrice e moderna imposta una produzione standardizzata ed
eseguita totalmente a macchina. Il tipo, facilmente identificabile, è
comunemente a forma di parallelepipedo con lati e coperchio vetrati,
scappamento a cilindro dapprima e poi anche ad ancora, e bilanciere
generalmente visibile sulla sommità. Le misure ottimali ed il generale buon
funzionamento ne decretarono il successo, con la produzione di quantitativi
elevati già nella prima metà dell’Ottocento. La standardizzazione introdotta
dal Garnier risultò egualmente determinante alla loro
diffusione abbassandone considerevolmente il prezzo.
Sempre al passaggio del secolo assistiamo alle prime
produzioni propriamente industriali, soprattutto dei movimenti (sbozzi). Esemplare la storia dei
francesi Japy, che già alla fine del
La standardizzazione (ovvero l’intercambiabilità dei
componenti, con la conseguente possibilità di produzioni separate specializzate
delle singole parti), introdotta nella produzione industriale, permise in tutti
i campi l’enorme aumento produttivo sviluppatosi nel corso dell’Ottocento e
segna l’oggettiva linea di demarcazione tra l’oggetto industriale moderno e
quello antico. (Per approfondimenti sugli Japy vedi
l’ultimo numero di “Hora”, pubblicazione
dell’associazione italiana cultori d’orologeria antica).
Con
Nella pendoleria restò
incontrastato il dominio dei bronzisti francesi, sia per la qualità, che per la
varietà. In questo periodo e per tutta
Determinanti per la diffusione dei modelli più in
voga furono le esposizioni universali. A tale proposito le medaglie ottenute
dalle partecipazioni ad esse sono spesso determinanti per la datazione.
N.B. Per
eventuali approfondimenti vedi: sul bon
negre il paragrafo “Lo schiavismo”, nel saggio dell’autore “Dal capriccio
alla linea”; in “Arredi del Settecento”, Artioli Modena. Alcuni passi sono
tratti dal saggio dell’autore “Le pendole neoclassiche” in “Misurare il tempo”,
Artioli editore.
Gli orologi delle foto sono proprietà dell’autore e
saranno esposti nello stand 13 galleria Guido Reni, alla mostra “Modena
antiquaria” in programma dal 19 al 27 febbraio 2005.
Nella prossima edizione il seguito di questa scheda
“Dall’ora rivoluzionaria all’ora industriale”.