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Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
L’orologeria,
parte prima.
Con quell’odierna iniziamo
una serie di schede riguardanti l’orologeria antica d’arredamento.
Gli orologi si dividono in
due categorie principali: murali e d’appoggio.
Quelli da muro hanno diverse
denominazioni secondo la tipologia. Chiamati a cassa lunga od a colonna (foto
1), con il movimento ed il quadrante posti nella parte superiore, mentre
quell’inferiore contiene il pendolo ed i pesi. I cartels
(foto 2), di forma particolare terminanti in basso a punta (i più estrosi sono
quelli Luigi XV) ed i più antichi con la mensola, cui sono appoggiati,
indipendente (soprattutto d’epoca Luigi XIV e Luigi XV), con carica a molla. Le
lanterne (foto 3) (così chiamati per la caratteristica forma, di produzione
generalmente settecentesca) ed i foresta nera (ottocenteschi, con gli
ingranaggi di legno).
Quelli d’appoggio a loro
volta possono essere da mensola (detti anche da camino, foto 4), di norma con
carica a molla e pendolo interno alla cassa, e da tavolo (foto 5), che essendo
spostabili sono regolati da un bilanciere (detto anche movimento a spirale
dalla forma della molla sotto il bilanciere stesso).
Esiste anche una tipologia
piuttosto rara d’orologi monumentali con propri basamenti, collocabili anche da
centro; e d’orologi incassati in mobili o nelle boiseries.
Come valutare il valore di un orologio.
Il più importante fattore di valutazione è
costituito dalla qualità; sia della cassa, che del movimento.
Tale qualità non si esprime
solo con la ricchezza della decorazione o con la complessità dell’orologio, ma
soprattutto con il livello di perfezione complessivo.
Per la cassa dobbiamo
analizzare: l’eleganza del disegno, la bellezza e ricchezza dei decori, la
qualità dei materiali, le proporzioni anatomiche delle figure, l’incisività e
fluidità del cesello, l’armonia tra il od i quadranti (esistono pendole a più
quadranti) ed il mobile, la piacevolezza e l’originalità del soggetto, ecc. Per
l’orologio: la fattura del movimento, le invenzioni originali, l’esecuzione e
l’eleganza degli ingranaggi, la molteplicità delle funzioni, l’importanza del
quadrante e delle lancette, ecc. I quadranti più importanti sono quelli
scolpiti, forniti insieme alla cassa e quelli smaltati con decori particolari.
L’ antichità dell’epoca di
produzione non costituisce in sé un valore assoluto, ma bisogna sempre
rapportarlo agli altri elementi; fatta eccezione per il limite del 1830-1840,
che segna il passaggio tra l’orologeria antica e quella moderna (considerata
contemporanea dopo la seconda guerra mondiale) ed una reale differenza nella qualità
della lavorazione e dei materiali, nell’esecuzione tecnica e nello stato di
conservazione (generalmente più scadente proprio a causa della peggiore
qualità). Dopo tale data le dorature sono di solito galvaniche e le fusioni più
intere meno frazionate, meno curate nel cesello (vedi la scheda sulle tecniche
di fusione, apparsa in altro numero); il che comporta una progettazione ed una
manodopera di gran lunga inferiore, con costi notevolmente abbattuti e di
conseguenza valutazioni più basse. La produzione non solo è seriale, ma spesso
standardizzata, che è la vera differenza tra la produzione artigianale e
quell’industriale. Ricordiamo che i processi industriali presero avvio in
America allorquando alla fine del Settecento, durante la guerra d’indipendenza,
i patrioti si trovarono decisamente male armati rispetto all’efficiente
esercito inglese. Sorse quindi l’esigenza di produrre velocemente un gran
numero d’armi. Questo si ottenne standardizzando i processi produttivi, in modo
da poter fabbricare le varie parti in luoghi diversi per poi montarli altrove;
al contrario di quanto avveniva in precedenza, quando ad esempio il cane di un
fucile poteva essere montato solo su quel fucile. Tale modalità è alla base
della moderna produzione di massa. Terminate le esigenze belliche fu proprio
all’orologeria che si trasferì tale procedimento; giungendo in breve tempo al
monopolio americano della produzione seriale degli orologi da tasca a scapito
delle fabbriche svizzere, che solo dopo il 1820, grazie all’adozione della
produzione industriale standardizzata, riuscirono a riprendere la passata
posizione di predominio. Naturalmente gli orologi a pendolo costituivano un
bene di lusso e per tale ragione la produzione standard tardò ad affermarsi.
Basti pensare che prima della rivoluzione francese si producevano ogni anno a
Parigi duecentomila orologi da tasca e solo cinquemila pendole; che già durante
l’Impero il numero delle pendole restò lo stesso, mentre da tasca si passo a
produrne trecentomila. In linea di massima sono indice di produzione moderna: i
cosiddetti trittici, gli orologi provvisti di campana soffiata in un solo
pezzo, la presenza di placchette di porcellana (sovente decorate a
decalcomania, procedimento riconoscibile con una lente per l’aspetto puntinato
della superficie) e di quadranti di porcellana (i quadranti antichi sono di
rame smaltato).
Lo stato di conservazione è
determinante, con particolare attenzione alla completezza dei pezzi; essendo le
casse composte di più elementi uniti con perni, viti e dadi, è molto comune il
caso di mancanze, testimoniate dalla presenza di forellini là dove un elemento
era in precedenza fissato. E’ anche comune il caso in cui si sia proceduto,
recentemente od in passato, ad un’integrazione con elementi impropri, provenienti
da altri oggetti (la conoscenza del soggetto rappresentato o della mitologia,
nel caso d’eroi e divinità, permette di determinare se un accessorio di una
figura è di fantasia ed incongruente, non corrispondente agli attributi
storici. Un’attenta osservazione, unita all’esperienza, generalmente permette
di scoprire le eventuali sostituzioni). La mancanza di parti, come la loro
sostituzione costituisce il danno più grave, rimediabile solo trovando un altro
orologio simile; perchè spesso non siamo neanche in
grado di conoscere la tipologia e le dimensioni di quanto mancante, ma
rinvenirne due eguali per averne uno completo è evidentemente dispendioso oltre
che difficoltoso. Questo tipo di danno riduce anche del settantacinque per
cento il valore dell’orologio; essendo oggi reperibile un orologio completo su
dieci.
L’integrità e soprattutto
l’originalità dei movimenti e dei quadranti sono fondamentali.
Costituisce minore importanza
l’originalità dei pendoli e delle chiavi di carica, che normalmente è impossibile
certificare (si può determinarne l’epoca, ma non l’appartenenza; dato che la
sostituzione può essere antica), e di tutte le altre parti mobili od
accessorie.
Lo stato di conservazione
della doratura è altresì determinante. Le parti dorate devono essere pulite, la
patina sull’oro non esiste si tratta solo di sporco, si dora proprio perché
l’oro è incorruttibile e di conseguenza non soggetto a patina, che è bene
ribadire è costituita dalla trasformazione chimico fisica dei materiali per
opera del tempo, non dalla sporcizia e dai depositi degli insetti. Soprattutto
le dorature a fiamma devono risultare integre, in particolare nelle parti
lavorate ed in quelle opache, meno in quelle lucide e lisce (diversa e la
procedura di doratura per ottenerle); anche perché la loro robustezza raramente
ci consegna manufatti eccessivamente deteriorati. Quelle galvaniche, spesso
gravemente rovinate, al contrario è meglio lasciarle in “patina” proprio perché
il bronzo, avendo perso la doratura, ha acquistato un aspetto diverso dovuto
alle ossidazioni provocate nel tempo. Per questo motivo spesso orologi più
antichi sono conservati meglio di altri più recenti.
E’ indispensabile che un
orologio sia funzionante, ma quasi sempre, se esso è di qualità e se la cassa è
in ottimo stato, dopo un’adeguata revisione e pulizia il movimento risulterà
marciante, al massimo necessiteranno riparazioni minime, che qualunque
orologiaio esperto e volenteroso dovrebbe essere in grado di effettuare.
Un elemento di valorizzazione
è costituto dalla conoscenza dell’autore della cassa o del movimento, ma solo
alla presenza di un’adeguata qualità; in antiquariato si deve sempre comprare
l’opera non la firma o l’attribuzione.
In passato la “firma”, che
sovente compare sul quadrante non è sempre quella dell’orologiaio o del cassista produttori. Era il marchand-mercier
(mercante-tappezziere, corrispondente a mercante-architetto-arredatore)
o l’orologiaio di corte che spesso provvedevano alla fornitura degli orologi
facendo apporre il proprio nome. Commissionava la cassa all’artigiano che
possedeva i modelli e l’orologio al costruttore di fiducia; per questo motivo
orologi simili presentano casse pressoché identiche e quadranti quasi sempre
differenti, anche quando appartenenti alla stessa collezione. Un esempio tipico
è quello dei “Le Musy”, importante dinastia
d’orologiai di corte torinesi, che firmano molti degli orologi dei Savoia pur
non avendone mai fabbricati.
La rarità degli esemplari
costituisce un’importante fattore per gli orologi più antichi e di produzione
italiana o provinciale, meno per quelli francesi, inglesi o svizzeri.
Contrariamene a quanto si ritiene oggi, erano proprio i soggetti alla moda o
collocati in posizioni prestigiose, come i saloni di rappresentanza e quindi
più visibili da parte dei grandi personaggi, che naturalmente all’epoca
suscitarono maggior desiderio e di conseguenza furono più replicati, non certo
quelli posti in camere meno frequentate od in dimore più modeste. Conosciamo
diverse repliche di soggetti famosi, sempre d’ottima qualità, ed è propriamente
l’importanza della committenza che ci deve guidare nella valutazione. Il
mercato, soggetto alle sue mode, può conoscere alti e bassi, ma la pendola nata
per un palazzo reale sarà comunque nel tempo premiata da quotazioni più alte e
costanti di quella, momentaneamente in auge, costruita per una residenza di
campagna o per un albergo. Naturalmente bisogna sempre tenere in particolare
considerazione quei pezzi d’eccezionale valore storico, provenienti da
importanti collezioni. La presenza in musei e palazzi storici e la
pubblicazione in testi importanti di modelli simili hanno rilievo nella
valutazione, perché certifica con maggiore sicurezza l’originalità,
l’importanza e la storia dell’oggetto. Da ultimo rileviamo che oggi tali opere
sono spesso pagate molto meno di quando furono prodotte. Nel Settecento una
pendola costava da trecento lire francesi in su; considerando gli stipendi ed
il potere d’acquisto dell’epoca, per una pendola modesta erano necessari
quindicimila euro, superando per i capolavori il milione. Un orologio da tasca
modesto poteva costare una cinquantina d’euro.
Nelle prossime schede
affronteremo le varie epoche, illustreremo nel dettaglio quali elementi
considerare per determinare l’autenticità e l’epoca.