Bologna, via
Nazario Sauro 14/b
Tel. 051260619
3356635498 3358495248
Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
I modelli di gesso
per l’esecuzione di statue di marmo. N°1.
Cominciamo oggi una rubrica sull’aspetto
prevalentemente tecnico e tecnologico, relativo alla preparazione ed
all’esecuzione delle opere d’arte ed antiquariato, in cui presentiamo ogni
volta una scheda di carattere specifico.
Trattiamo argomentazioni assolutamente non
esaustive, ma tali da inquadrare i vari aspetti in maniera non superficiale.
Auspichiamo in tal modo di essere di qualche utilità ai professionisti ed agli
amatori nell’apprezzamento più intrinseco delle opere. La comprensione di
un’opera priva della conoscenza delle tecniche e dei materiali, che ne hanno
permesso la realizzazione, non può che essere incompleta.
Iniziamo dall’esecuzione dei progetti e dei modelli
e la loro trasposizione nell’opera finita.
Affrontiamo questa volta la tecnica di creazione e
d’utilizzo dei modelli di gesso per la produzione di statue di marmo.
Seguiranno, nei prossimi numeri, la tecnica d’esecuzione dei modelli per le
fusioni artistiche e per gli ornamenti dei mobili e poi quella per la
costruzione stessa dei mobili.
Il punto basilare di partenza è sempre costituito
dal disegno preparatorio e dagli schizzi, eseguiti dall’artista per studiare le
possibili varianti ed i singoli aspetti dell’opera.
Ciò vale indifferentemente per le opere di fantasia
che per quelle tratte dal vero.
Il disegno viene di norma reso concreto in un primo
abbozzo di modello in creta, cera, gesso o legno; abitualmente di dimensioni
ridotte. Il disegno come il modello potevano servire a studiare i vari aspetti
compositivi od alla presentazione in anteprima al committente dell’opera. Tale
disegno e modello, ove ancora esistenti, sono fonte di un forte collezionismo e
a seconda degli autori ottengono quotazioni a volte anche più rilevanti delle
stesse opere compiute.
Si procede quindi alla creazione del modello
definitivo in misure reali. Per la costruzione di tale modello di gesso
esistono due metodologie.
1° La tecnica detta della “formatura a perdere”.
Si comincia piantando sottili lamelle allineate una
a fianco all’altra nel modello, eseguito in creta od in cera, lungo linee
mediane ed in corrispondenza del profilo più esterno dell’opera, otteniamo così
un divisorio continuo che servirà a separare le due o più parti dello stampo
(chiamate anche valve o forme, termine da cui questa tecnica prende
appunto il nome di formatura). Si spalma poi con pennelli il modello, di un
leggero strato di gesso colorato fluido. Su questa prima pellicola si stende
uno strato di gesso più consistente e di spessore adeguato alla grandezza
dell’opera (detto mantello). Una volta avvenuta la presa (indurimento del
gesso), si procede allo svuotamento delle valve separandole ed asportando la
creta o la cera, di cui era fatto il modello, che le riempie; quindi tale
modello viene inevitabilmente distrutto e perduto. Si pennellano gli stampi
all’interno con un distaccante (graffite, latte, polveri fini, sapone,olio,
ecc.). A questo punto si può procedere in due modi: sia riempiendo con un
consistente strato di gesso le due o più valve aperte ed unendo le parti
ottenute successivamente con gesso liquido; sia ricomponendole insieme,
tenendole legate con corde o filo di ferro e colando poi il gesso liquido da
appositi fori fino ad ottenere lo spessore desiderato. Infine si asportano gli
stampi di gesso esterni scalpellandoli e di conseguenza distruggendo e perdendo
anch’essi (da cui formatura a perdere), arrestandosi alla comparsa
dell’esile strato colorato, stendendo il quale avevamo cominciato il lavoro, e
che appunto ci serve per fermarci al momento opportuno. Poi con la massima
attenzione ripuliamo togliendo il meglio possibile anche quest’ultima pellicola
colorata. Otteniamo così il modello definitivo (chiamato calco originale o
modello originale).
2° La tecnica detta della “forma buona”. Consiste
nel produrre stampi divisi in tanti tasselli di gesso, grandi quanto lo
permettono i vari sottosquadri presenti nel modello (per sottosquadro s’intende
qualunque parte posta su un piano sottostante quelli superiori e per questo
motivo tale da rendere impossibile l’estrazione di uno stampo in un sol pezzo,
come ad esempio il dietro di un braccio o di una piega della veste). Fatto il
primo tassello s’incidono sul bordo piccoli incavi che corrisponderanno a
sporgenze in quello successivo (dette chiamate); mentre si procede si affogano
all’esterno dei tasselli dei perni, che serviranno sia ad estrarli che a
tenerli fermi come vedremo in seguito nella madreforma. Spesso s’incidono sul
modello, nei punti di giunzione dei vari tasselli, linee di riferimento (che
appariranno sugli stampi in rilievo), per renderne più agevole la
ricomposizione successiva. Per tenere insieme i vari tasselli è necessario
coprirli a gruppi, ancora in loco e sempre dopo averli trattati con un
distaccante, con uno strato di gesso, chiamato appunto madreforma, che sarà la
prima ad essere tolta. Poi una volta estratti i tasselli dal modello, li
si ricompone nelle madriforme e li si cosparge
all’interno di distaccante. A questo punto, come abbiamo visto in precedenza,
si può spalmare direttamente il gesso in spessore adeguato nei vari stampi
separatamente, incollando poi, con gesso liquido, le varie parti così ottenute,
metodo necessario se le opere hanno dimensioni rilevanti. Oppure si possono
riunire tutte le madriforme e colare da appositi fori il gesso liquido,
realizzando subito un calco intero. Con questa tecnica, essendo possibile
conservare lo stampo, è possibile
ottenere più calchi dello stesso modello, aventi tutti valore di copia.
Con il metodo
della forma a perdere o con quello della forma buona, se si deve produrre un
calco di grandi dimensioni, è in ogni caso necessario come abbiamo visto
eseguirlo frazionato in più parti separate e poi assemblarlo. Ciò si può fare
in maniera definitiva incollando col gesso liquido i vari pezzi, oppure
provvedendo al fissaggio per mezzo di perni, che ne permetteranno l’eventuale
smontaggio ed il rimontaggio, ad esempio durante
eventuali trasporti. All’interno dell’opera, sia durante la colata, sia
posteriormente, s’inseriscono per dare robustezza sostegni lignei o metallici;
le parti più fragili, come ad esempio le pieghe dei drappeggi, possono essere
rinforzate applicando teli e retinature.
Ottenuto il modello di gesso da esso si può procedere
alla realizzazione della statua di marmo. A tal fine si segnano sul modello
stesso punti di riferimento o addirittura vi si configgono piccoli chiodi, le
cui teste serviranno esse stesse da riferimenti. Per mezzo di uno strumento
chiamato pantografo si ricavano tutte le misurazioni necessarie, con cui gli
aiuti possono procedere alla sbozzatura del marmo fino alle altezze ed agli
spessori corrispondenti sul modello a detti punti di riferimento.
Il sistema dei chiodini, quando si lasciano sul
modello leggermente rilevate le teste, può consentire agli aiuti di fermarsi
poco prima di raggiungere sul marmo il livello definitivo dell’opera, evitando
il pericolo di togliere troppo materiale. Infine il maestro procedeva alla
rifinitura finale. Tale metodo permetteva di eseguire più repliche dello stesso
modello.
Concludendo bisogna sempre distinguere i calchi
originali usati quali modelli, aventi effettivo valore antiquariale, da
quelli fatti copiando le statue di marmo finite od i suddetti calchi originali,
che devono essere considerati semplici copie, e per ciò stesso di valore più
modesto. Ciò è possibile osservando l’eventuale presenza delle seguenti
caratteristiche: creste di gesso in coincidenza delle unioni delle valve o dei
tasselli degli stampi; stuccature lungo le linee d’incollaggio delle varie
parti; tracce della pellicola colorata di cui abbiamo parlato; chiodini
metallici ed altre tracce dei segni di riferimento utilizzati.
Ricordiamo inoltre che copie di gesso invece che in
marmo furono realizzate dagli stessi artisti per committenti che lo
richiedevano; come ad esempio alcune di quelle esposte alla mostra sul
neoclassicismo, attualmente in corso a Palazzo Reale di Milano, eseguite dallo
stesso Canova. In questo caso anch’esse sono da considerarsi a tutti gli
effetti repliche e non solo copie, ma solo in presenza di una precisa
documentazione in tal senso.