Bologna, via
Nazario Sauro 14/b
Tel. 051260619
3356635498 3358495248
Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore
Europeo”.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Materiali usati in ebanisteria.
Nel corso dei secoli si sono impiegati i materiali
più vari, secondo le zone di produzione e della reperibilità degli stessi.
La continua ricerca d’effetti vari e preziosi portò
fin dall’antichità all’utilizzo contemporaneo di materiali differenti per
qualità e natura, associando sostanze minerali, vegetali e prodotti
dell’industria. Prima della scoperta dell’America e delle grandi esplorazioni
geografiche, fino al Cinquecento, s’impiegano tutte le varietà di legni locali
e quelli esotici provenienti dall’Africa e dal vicino ed estremo oriente.
Nonché sostanze animali e manufatti colà reperibili. Come per esempio: avorio,
ebano, tartaruga, porcellane cinesi, smalti orientali, lacche giapponesi, ecc.
per cui l’uso di materiali provenienti dalle Americhe sposta necessariamente la
datazione a dopo il Quattrocento. Dal Settecento si afferma sempre più l’uso
del mogano. Bisogna precisare che, per una committenza ricca ed esigente
aggiornata ed alla moda, gli ebanisti utilizzano (come indica il nome stesso)
principalmente legni esotici impiallacciati quali:
-
amaranto
dalla Guiana, colore rosso-viola con molte venature
chiare, invecchiato diviene bruno
scuro, compatto utilizzato in lastronature e per
cornici, raramente in massello, usatissimo ad esempio negl’intarsi Carlo X;
-
amboina dalle Molucche, colore chiaro, si utilizza
soprattutto la radica in lastronature dall’ultimo
quarto del Settecento;
-
bois
de rose dal Brasile, colore di fondo rosa-giallastro con venature verticali
rosa scuro, invecchiando diventa rosa ambrato, durante il taglio emette il
profumo della rosa, da cui il nome; usato per l’intarsio dal 1745, raramente
per l’impiallacciatura, oggi n’è vietato l’utilizzo e la detenzione con obbligo
di denuncia delle scorte, essendo considerato tra le specie in via d’estinzione
(ciò non riguarda gli arredi d’antiquariato);
-
bois
de violette dal Brasile, colore viola bruno chiaro con striature scure ben
definite, utilizzato in lastronature dal Seicento a
tutto il Settecento, era il legno esotico meno caro;
-
cedro
dal Libano e dalle Americhe, usato nel Seicento per gli interni dei cassetti e
per interi arredi;
-
ebano
dal Madacascar e dalle Indie, colore nero con
venature bianche, compatto, più pesante dell’acqua, utilizzato in lastronature ed in massello per l’intaglio dal Seicento;
-
legno
corallo dalle isole del Vento, dall’Africa e dall’Asia occidentale, colore
rosso intenso scuro, utilizzato in lastronature e
durante Il Seicento una sua varietà il Padouk per
interni preziosi;
-
legno
satinato da Santo Domingo e dalla Guaina, colore brillante ce ne sono di due
tipi il rosso (rosso-bruno) e lo striato (più chiaro e dorato), usato in lastronature dal Seicento conosce la massima diffusione
alla metà del XVIII° secolo.
-
limone
dalle Antille, giallo chiaro con venature diverse a seconda del taglio, usato
dal 1780;
-
mogano dalle Antille e da Cuba, colore
variante dal rosso-ciliegio scuro al ciliegio-arancio chiaro, utilizzato in lastronature ed in massello dalla metà del Settecento.
-
palissandro dalle Indie, dal Madacascar e dal Brasile, n’esistono di diversi tipi
varianti di colore dal bruno scuro quasi nero al viola chiaro, utilizzato in lastronature ed in massello;
-
sandalo dalle Indie, colore bruno medio,
profumato, utilizzato in lastronature ed in massello,
ad esempio il grande ebanista Bernard Molitor lo
impiegò per l’interno dei cassetti;
-
Thuya,
parecchie specie tutte esotiche, coltivata recentemente in Europa come pianta
ornamentale, colore che si avvicina al mogano e di aspetto simile all’amboina ma con più nodi e buchi, utilizzato in lastronature dall’ultimo quarto del Settecento;
-
ulivo dalla Siria, colore camoscio tendente al
verdastro, con marcate venature verticali, utilizzato in lastronature;
Ed
impiallacciature d’essenze locali di qualità. I legni si presentano con aspetti
diversi secondo le modalità del taglio o della parte del tronco cui
appartengono.
-
Le
radiche, provenienti dalla parte bassa del tronco prossima alle radici; tipico
esempio quella di noce.
-
I
noduli ed i nocchi, provenienti dalle escrescenze del tronco di certi alberi,
prodotti da ferite o da funghi; tipico esempio quelli dell’olmo.
-
I
rigatini, quando il tronco è segato in quarti ed il legno appare diviso
regolarmente in venature di colore più scuro parallele molto accostate; tipico
esempio quelli di noce e d’ulivo.
-
I
moirés, quando le fibre orientate in diverse
direzioni assumono un aspetto cangiante. I mouchetés,
quando la superficie è densamente cosparsa di piccoli nodi; tipico esempio
quella d’acero.
-
I
pommelés, tipico esempio quando il mogano riflette
piccole forme rotonde una vicina all’altra.
Ed ancora possono apparire, secondo il disegno:
ondulate, drappeggiate, marmorizzate, satinate, ecc.
Mentre i falegnami usano legni locali
prevalentemente in massello, più a buon mercato, spesso provenienti da
proprietà dello stesso più modesto committente, per produzioni correnti. Ciò
principalmente dalla seconda metà del
Il legno può essere anche tinto, ma ricordiamo che
la tavolozza dei colori fino alla metà del secolo XIX°,
quando furono scoperti i colori chimici nel 1859 daWilliam
Perkin che perfezionò la tintura all’anilina, era
forzatamente limitata dagli alti costi dei pigmenti e degli estratti naturali.
Ovviamente la presenza di tali tinture chimiche segnala l’intervento di un
restauro o la produzione del manufatto stesso dopo la metà dell’Ottocento.
Per la lastronatura e l’intarsio si utilizzarono con
una certa frequenza anche i seguenti materiali.
-
La
tartaruga è ottenuta dalle placche che formano la corazza della tartaruga di
mare. Le più impiegate sono fornite dalle specie chiamate: Caretta (Eretmochelys Imbricata), con placche giallastre,
marmorizzate o macchiate in bruno scuro; Chilone mydas, come la precedente ma presenta riflessi verdastri; e
-
La
madreperla è ottenuta dal guscio d’alcune conchiglie, tra cui le principali
varietà utilizzate sono: la “trocas”, di forma conica
proveniente dalle Filippine, dalle isole Andaman e
dall’Indonesia. La madreperla di Ceylon. Quella “goldfisch”, del Giappone a forma d’orecchia. La madreperla
nera della California, chiamata anche di Traiti e proveniente dalla Polinesia
francese, di forma piana. Il casco rosso, proveniente dalle Filippine e
dall’Indonesia. La madreperla bianca “Borgeau”, che
si pesca nelle isole del Madagascar, del continente americano, di Singapore;
quella della Malesia può diventare grossa come un pallone. Quella del Missisipi, della forma di una cozza grossa come una mano.La madreperla può essere colorata nello spessore e
segata in placche da mezzo ad un millimetro circa di spessore e di superficie
variabile. Anche in questo caso vale quanto detto sulle dimensioni e la forma
per la tartaruga.
-
Il
corno, proviene dai bovini e dai cervidi, è di colore bianco o
bianco-giallastro o nero come quello dei bufali. Il più impiegato è quello di
bue, anche se è migliore quello di vacca. Il corno come la tartaruga si
rammollisce e si può saldare a caldo.
-
L’avorio,
ottenuto dalle zanne dell’elefante, è di differenti qualità, a seconda che
provenga da: Guinea, biondo un po’ trasparente, duro e pesante, a grana fine; è
considerato il migliore. Niger, Kenia, Zanzibar e Manganica, dolce e color
panna. Angola, Camerum e Gabon; duro e rosato. Sudan;
grigio, dolce e semidolce; quello della Costa d’Avorio è simile, ma di qualità
inferiore. Mozambico; grigio e dolce. Si usa anche quello dei denti
d’ippopotamo, che e di qualità superiore. L’avorio può essere lavorato come il
legno e si può anche sbiancarlo e stirarlo a caldo. Bisogna prestare attenzione
che fin dall’Ottocento si sono usati materiali imitanti l’avorio a base di
resine e polveri, alcuni di difficile identificazione; un sistema empirico
consiste nel toccare una parte non in vista con un ferro incandescente e valutare
l’odore che si genera.
E per l’intarsio si usano anche metalli come:
il rame, lo stagno e l’ottone. Per ottenere una migliore adesione è necessario
strofinare i metalli con uno spicchio d’aglio ed anche bollirne un paio nella
colla; ciò ne impedisce più a lungo l’ossidazione, che è una delle principali
cause di distacco.