Bologna, via
Nazario Sauro 14/b
Tel. 051260619
3356635498 3358495248
Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
Il cuoio decorato prima parte: dall'antichità al
Medioevo.
Ci
occuperemo in queste schede della lavorazione delle pelli per l'impiego
artistico.
Il cuoio (dal lat. corium; ingl. Leather; fr. cuir; ted. Leder; sp. cuero). Si ottiene lavorando
la pelle di diversi animali, e ottenendo un prodotto imputrescibile, più o meno
impermeabile, mediante un procedimento detto concia.
Fin dalla
preistoria, per prima cosa, si praticava la raschiatura della parte interna
delle pelli, quella a contatto con il muscolo, per asportare ogni residuo di
grasso, di tendini e di carne, che con il tempo si sarebbero potuti seccare e
indurire; usando raschiatoi in selce o ossidiana. Per eseguire queste operazioni
correttamente, si stendeva la pelle, fissandola direttamente al terreno o a un
telaio verticale. Era necessario essiccarla lentamente per un certo tempo e
trattarla con determinate sostanze, in grado di conferire elasticità,
resistenza, morbidezza, per evitare: nei climi umidi l'imputridimento, in
quelli secchi l'indurimento. Sebbene qualsiasi tipo di pelle possa essere
sottoposto alla concia, il cuoio più diffuso è quello ricavato dagli animali
d'allevamento. Esso si differenzia per il tipo di pelle utilizzata: di bue, di
vitello, di maiale, di pecora, di capra, di rettile, ecc. E anche secondo il
tipo di lavorazione: conciatura vegetale, al tannino, all'olio, scamosciatura,
affumicatura, all'allume, ecc. In antico
la pelle era immersa nell'acqua e battuta con un mazzuolo di legno, oppure
masticata accuratamente, metodo utilizzato ancora oggi dagli Esquimesi. Pratica
confermata dai reperti umani, che mostrano un'evidente consunzione della
dentatura, in particolare femminile. Già in epoca paleolitica si conciava, applicando alla pelle grassi animali trattati, e affumicandola. La conciatura
vegetale invece è nota dall'età del Bronzo. Le pelli
erano perforate lungo gli orli con una fila di buchi, dove passava una striscia
sottile di cuoio, in modo da unire i vari pezzi. Esistono tipi di pelle
differenti oltre che di misure (grandezza, spessore e durezza), anche di grana, in
base alla densità dei pori. L’uomo
sperimentò diversi tipi di concia. Il cuoio assume differenti colorazioni secondo il conciante
utilizzato: marrone chiaro con la concia al tannino, giallo con la
scamosciatura e bianco con quella all'allume. Si può anche tingere
artificialmente con un procedimento simile a quello usato per i tessuti, ad
esempio: in giallo con lo zafferano, con le bacche di Avignone e il legno
giallo, in verde con il verderame, in blu con l'indaco, in rosso con il
carminio. La pelle può anche essere divisa in strati: quello superiore, più
pregiato, era impiegato per realizzare manufatti artistici, mentre quello a
contatto della carne, detto cuoio spaccato, a causa della sua scarsa
compattezza, è di qualità inferiore. Le tecniche di decorazione del cuoio si
svilupparono essenzialmente in Oriente fin dai tempi più antichi, per poi
estendersi, solo verso la fine del Medioevo, anche in Occidente, ove non ci fu una
diretta prosecuzione con la produzione greco-romana. La lavorazione, favorita
dall'elasticità e la plasmabilità del cuoio quando è umido e dall'indeformabilità
quando è asciutto, permise l'utilizzo nel Medioevo, oltre che per le scarpe e per
gli indumenti, anche per altri oggetti d'uso e contenitori diversi. Si
produssero in ambito profano: cassoni nuziali e cofanetti, scrigni per
conservare gioielli, custodie e astucci per documenti, libri e posate, nonché
legature di volumi e arredi. In quello liturgico: foderi, reliquiari, custodie
per ostensori e paramenti sacerdotali. Particolarmente importante l'uso del
cuoio per le tappezzerie, dapprima prodotte in Spagna, in particolare a Cordova,
da cui il nome cuoio di Cordova o peaux
d'Espagne; poi dal Cinquecento anche in Olanda, Francia e Italia. Si
conoscono solo rari esempi di manufatti risalenti a un'epoca anteriore al Duecento
la loro decorazione era ottenuta con la stampigliatura di motivi ornamentali a
nastro e a foglie. Si ottenevano parti in rilievo, pressando la parte
posteriore della pelle e riempiendo poi con un composto simile al mastice per
renderle più solide, specie negli scudi. All'inizio del Trecento In Occidente si diffuse la
tecnica di ornamentazione della stampigliatura a secco, detta anche a
freddo o décor à froid, realizzata
con l'impressione sul cuoio bagnato di stampi
di bosso, che già prima del Trecento potevano essere sostituiti da quelli di
metallo arroventato, ottenendo dopo l'essiccazione un
motivo a rilievo. In tal modo era possibile creare una decorazione
uniforme, ricoprendo ampie superfici con piccoli motivi ripetuti, spesso con
andamento diagonale. Con tali stampi, ma di maggiori dimensioni, s'imprimevano
soggetti religiosi e araldici; ulteriori linee, tracciate sempre a secco,
creavano inoltre campiture. Questa tecnica ornamentale limitava
considerevolmente la libertà espressiva, potendo i motivi essere solo ordinati
in successione lungo linee obbligate. L'intaglio, realizzato con la tecnica
della modellazione, riuscì nel XIV secolo a ottenere rilievi non schematici. Dopo
aver riportato il disegno a ricalco o a spolvero, s'incidevano con una lama a
sezione triangolare linee profonde circa mezzo centimetro, poi con un ferro
rovente si ripassavano i margini ispessendoli per impedirne l'eventuale
chiusura. Si potevano evidenziare le forme e conferire al rilievo un risalto
plastico con un esperto lavoro a punzone e a sbalzo ed esaltarne le singole
parti dipingendole. Gli oggetti giunti fino a noi ci permettono d'individuare dopo
il 1350 importanti botteghe regionali; come quelle boeme e renane, quelle della
Francia settentrionale e delle Fiandre, dove si fabbricavano raffinati scrigni
per doni d'amore. Intorno al 1400 anche le botteghe dei monasteri austriaci
crearono pregevoli manufatti realizzati a intaglio. I temi ornamentali seguivano
l'andamento dei più generali mutamenti stilistici in ambito artistico. I
reperti copti dimostrano, specie per i lavori d'intaglio, spellatura e intreccio,
una tradizione di lavorazione di alta qualità. Nelle opere copte dell'Alto
Medioevo, soprattutto su borse e coperte di libri, si ritrovano motivi a
rosette, tralci e archetti. Prima del Mille nelle rare rilegature occidentali sono
dominanti stampigliature a secco di semplici motivi a tralcio d'influsso
insulare, e goffe figure di animali. Non sempre la tipologia e la decorazione
ci permettono l'identificazione della destinazione dei manufatti; ma in linea
di massima la committenza dei cofanetti determinava l'iconografia delle
raffigurazioni di cui erano ornati. Apostoli, santi e scene dell'Antico e del
Nuovo Testamento erano destinati all'ambito liturgico. Le coppie di amanti, le
raffigurazioni con S. Giorgio e il drago, le figure fantastiche, le scene di
caccia e quelle di vita di corte trovavano posto sugli scrigni per doni
d'amore, sulle cassette e sulle custodie destinate a una committenza aristocratica.
Motivi araldici come aquile, leoni e cavalieri, simili a quelli delle monete, ornavano
cassette per documenti e custodie per le insegne regie. Nel Medioevo il baule,
generalmente in legno, spesso munito di grandi serrature, con borchie e
rinforzi metallici finemente decorati, a coperchio piatto o solo leggermente
curvo, foderato internamente di stoffa ed esternamente di cuoio, era utilizzato
in qualche caso anche in casa come cassone. A quel tempo era un mobile assai
importante, a causa dei frequenti spostamenti e mutamenti di sede dei signori.
Dal sec. XVII assunse la sua definitiva forma a coperchio convesso, con
rivestimento esterno spesso in cuoio impresso e dorato (di particolare pregio
gli esemplari spagnoli) e interno in tessuti preziosi.