Bologna, via
Nazario Sauro 14/b
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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
Il gioco d'azzardo e i
suoi arredi. Parte prima, l'antichità.
Analizziamo i giochi
d'azzardo realizzati grazie a strumenti a essi dedicati, tralasciando il
vastissimo campo delle scommesse. L'etimologia della parola azzardo si deve
agli Arabi, che, quando si espansero nelle province dell'impero romano, adottarono
il passatempo preferito del Legionario "tirare le ossa" (giocare con
gli astragali o i dadi) e chiamarono i dadi "Azzahr". Nel Medio Evo questo
gioco fu appreso dai Francesi, che lo denominarono: "Hasar" o "Hasard".
Nel corso delle guerre tra Francia e Inghilterra, durante i secoli XIII e XIV,
i cavalieri Inglesi importarono il gioco che chiamarono "Hazard", che
significava scommettere su una probabilità o rischiare. È nell'area
mediorientale che sono state reperite le prime tracce di attrezzature per il
gioco d'azzardo. Le ricerche archeologiche hanno rinvenuto uno tra i più
antichi di questi giochi: una damiera 3x6 con pedine rotonde, che è stata ritrovata
in Egitto, nella città di El-Mahash (circa 5000 a.C., appartenente al periodo
predinastico). La tavola è divisa in tre linee orizzontali e si trova ora in un
museo di Bruxelles. Tale primato è conteso dal
ritrovamento di un presunto predecessore del backgammon, fatto risalire a circa
5000 anni a.C., trovato nella tomba di un re sumero, durante scavi nell'antica
città mesopotamica di Ur, nell'attuale Iraq. Una successiva scoperta, però,
sembra poter anticipare tale data di circa 2 secoli e trasferirne il luogo di
nascita nell'attuale Iran, a causa del rinvenimento di una tavola, durante gli
scavi archeologici della città di Burnt, nella provincia sud-orientale del
Sistan-Baluchistan. Molto antico è un altro gioco dell'estremo oriente il Go. L'origine del Go (in cinese weiqi) è collocabile tra il 4000 e il
3000 a.C. contemporaneamente alla nascita dell'astronomia e della matematica in
Cina. Il Goban, il tavoliere di gioco
del GO, con le sue 361 intersezioni sembrerebbe una specie di calendario lunare
(360 giorni + 1). Le Ishi, pietre bianche
e nere, rappresenterebbero il giorno e la notte; gli Hoshi, punti segnati sul Goban, raffigurerebbero le stelle più
rilevanti del cielo e così via. Ben documentato, è il gioco egizio del senet (in italiano senato), di cui
abbiamo diversi reperti tra cui: i famosi quattro senet, uno dei quali
di splendida fattura costruito in ebano con piedini in oro e intarsi in avorio,
ritrovati nella sepoltura del faraone Tutankhamon (1333-23 a.C., XVIII dinastia);
quello, di semplice legno con due giochi differenti nelle due facce, esposto al
Museo Egizio di Torino e rinvenuto nella tomba intatta dell'architetto Kha
(sempre della XVIII dinastia), ecc. Nella Grecia antica si giocava alla petteia, di cui testimonianza
archeologica è il gruppo di terracotta ritrovato ad Atene da K. Bursian; così
descritto nel 1855 da Hugo Blumner: <Il gruppo di terracotta di Atene
illustra questo gioco rappresentando un ragazzo e una donna che giocano
attorniati dal pubblico. La damiera, composta di 42 quadrati, si vede dall'alto
con 12 pedine piatte distribuite in modo irregolare>. In Grecia il gioco più
diffuso fu quello dei dadi e degli astragali (ossi
di forma approssimativamente tetraedrica).
Pare che anche Socrate e Platone giocassero ai dadi. Nel Museo Gregoriano
Etrusco del Vaticano si trova un'anfora del coroplasta Exekias (datata 530-525
a.C.) su cui sono raffigurati Achille e Aiace seduti, mentre giocano. I giochi
greci furono egualmente praticati dai romani, che erano accaniti scommettitori.
A Roma si scommetteva su tutto, in particolare al circo. Nelle case dei ricchi si usavano generalmente
scacchiere, che potevano anche essere ricchissime e realizzate in materiali
preziosi. Pompeo Magno fece sfilare nel corteo del suo trionfo sui pirati, con
il resto del bottino, la preziosa scacchiera di 3 piedi x 4 (90 x 120 cm) le
cui caselle erano ricavate con l'intarsio di due tipi di pietre preziose. Trimalcione
ne possedeva anche lui una notevole, come ci racconta Petronio, una scacchiera
di terebinto, con dadi di cristallo di rocca e con monete d'oro e d'argento al
posto delle pedine. I romani non giocavano soltanto a tavolino, ma un po'
dappertutto e abbiamo scoperte alcune scacchiere incise sulle lastre della
pavimentazione. Vicino a Siviglia, nella sola città di Italica, sede della famiglia
dell'imperatore Adriano, ne sono state trovate ben 57, di varie forme e misure.
Dei quattro giochi da tavola degli antichi romani di tre si conoscono i nomi:
«Ludus duedecim scripta», «Alea» e «Ludus Latrunculorum»; Il quarto gioco, il
cui nome non è noto, è stato trovato durante le ricerche archeologiche svolte
nell'Africa del nord. I Cinesi rivendicano l'invenzione
del domino, considerandolo un precursore del mahjong. I ritrovamenti accertati sono: il più antico del 181 d.C.,
e un altro, molto più tardi, nel 1120 d.C., quando è stata ritrovata una serie
di 32 piastrelle. Si ritiene che tale domino abbia origine da cubi o da dadi,
introdotti in Cina dall’India. Tuttavia è più corretto far risalire
l'invenzione del domino all’antico Egitto, con ogni probabilità precedentemente
il 1355 a.C., poiché ne è stato scoperto uno nella tomba di Tutankhamon e il
reperto è ora conservato al museo del Cairo. In Europa il domino si diffonde
alla metà del XVIII secolo, anche se un domino è stato trovato nel relitto
della Mary Rose, un veliero del Cinquecento. Il gioco si è diffuso prima in
Italia in particolare a Venezia e a Napoli, e da lì in Francia; poi è stato
portato da alcuni prigionieri di guerra francesi in Inghilterra. Più tardi giunse
anche in America. Gli Eschimesi giocano un gioco simile al domino, utilizzando
ossa invece delle piastrelle. La parola
deriva dal latino "Dominus" che in Francia e in Inghilterra diventa domino,
a indicare il cappuccio bianco e nero, indossato dai frati. In Europa era il
gioco dei dadi il più diffuso in epoca medioevale e divenne un passatempo
comune dei cavalieri con la costituzione di scuole e corporazioni di gioco. Dopo
la caduta del feudalesimo, i lanzichenecchi furono i più accaniti scommettitori
della loro epoca. Molti dei dadi di questo periodo furono intagliati con
l'immagine di uomini e bestie. In Francia giocavano ai dadi sia gli uomini sia
le donne. Dante nella Divina Commedia cita il gioco della zara, che si giocava con tre dadi. le prime testimonianze di
carte da gioco risalgono al X secolo in Cina ed in India con il ganjifa. Alcuni storici legano l’origine delle carte alla nascita della carta
moneta; unendo insieme lo strumento e la posta del gioco. Altri storici
sostengono invece che le carte derivino direttamente dai tasselli del domino. Non
sappiamo esattamente chi abbia ragione, dato che il termine cinese p’ai è usato per descrivere sia le carte sia le
tessere per il gioco del domino o del mahjog, ma non sappiamo se le carte
derivino dal domino o viceversa. In Europa le carte arrivarono attraverso gli
Arabi nel corso del XIV secolo. Secondo fonti
letterarie attendibili l'Italia è il paese europeo dove, nella prima metà del
'400, si cominciò a produrre il tarocco; ma è in Spagna che, con circa 50 anni
di anticipo, le comuni carte da gioco comparvero per la prima volta in Occidente.
Un'ordinanza Fiorentina del 23 maggio 1376 che vieta il gioco di carte
delle naibbe (nome arcaico derivato dall’arabo ‘nàib, e cioè il deputato o viceré
delle carte mamelucche) ne testimonia la precoce diffusione in Italia. Il gioco
delle carte si diffuse dall'Italia rapidamente in tutta Europa: tarocchi,
primiera, ronfa, ecc.