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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
Gli automi nell'arte,
parte prima "L'antichità".
Ancora prima dell'uomo nasce il golem, la forma impastata da Dio prima di trasformarla in Adamo, e
golem in ebraico significa anche automa. Nella storia dell'umanità gli
artefatti antropomorfi sono stati la manifestazione più evidente del desiderio
umano di costruire esseri artificiali a sua immagine e somiglianza; e che potessero
aiutarlo ad alleviare la fatica sia mentale, sia fisica. Le prime macchine che
riproducevano il movimento e l’aspetto di animali o di uomini sono state
chiamate automi, dal greco automatos (e dal latino automâtus), che significa “che agisce
di propria volontà”. Già nei miti greci si racconta che il dio Efesto (Vulcano per
i Romani), il fabbro degli dei, si fosse costruito due servitrici d’oro per
servirgli da bere e mangiare; e anche dei tripodi, che camminavano e ammannivano
le pietanze ai suoi ospiti. Si narra che l’isola di Creta, fosse difesa da un
gigante di bronzo capace di scagliare enormi massi contro le navi degli
invasori. Tra i numerosi tipi di statuette greche di terracotta, si distingue
il gruppo delle figurine con arti snodabili o mobili, con le gambe, braccia, e
talvolta le teste realizzate separatamente e collegate al corpo mediante perni
metallici. Statuette di questo genere rappresentano una tipologia comune in
tutto il mondo greco e romano, esistevano già nel secolo X a.C.; erano molto popolari a Cipro, dal secolo VIII a.C., e sono state prodotte per
tutto il periodo romano. La stragrande maggioranza di
esse ha fori di sospensione sopra le teste, con le braccia e le gambe penzoloni,
e si muovono quando sono scosse o appese. Il movimento degli arti le rendeva
più vitali, con l'aggiunta di un alone di magia. Figurine di terracotta con
arti snodati sono spesso descritte come bambole o giocattoli per bambini, e si
pensa che a volte potessero essere state vestite con abiti. Contro la tesi dei giocattoli
prevale la considerazione che esse sono troppo fragili perché siano
costantemente maneggiate da bambini; inoltre sono ritrovate spesso in tombe di
adulti. È piuttosto difficile definire un unico scopo per tali figurine, ma Il
fatto che siano articolate è certamente connesso alla loro funzione e
significato. Anche nelle tombe egizie, dalla XII dinastia, sono state reperite
statuette articolate; in questo caso esse erano sicuramente doppi magici dei servi addetti alla cura
del defunto, pronti a prendere vita grazie ad una delle numerose formule
scritte sui papiri, che accompagnavano le sepolture. Numerose sono anche le
testimonianze scritte di idoli mobili o parlanti, generalmente collocati presso
i templi degli oracoli, che con gesti, suoni o parole elargivano profezie e
auspici (a Roma erano dette neuropaston).
Si trattava quasi sempre di artifici abbastanza semplici, quali funi celate o
canali per la conduzione dei suoni, che sacerdoti addetti muovevano o
pronunciavano da nascondigli. Il primo automa, di cui abbiamo notizia, costruito
dal filosofo Archita di Taranto nel IV secolo a.C., fu una colomba; era di
legno e poteva fare dei brevi voli. Un discorso a parte riguarda gli apparati
automatici documentati, in particolare della scuola di Alessandria. Tra tutti
spicca l'opera di Erone, tra il I e il II secolo a.C., di cui ci sono giunte
una dozzina di opere, nelle traduzioni latine o arabe. Nella
"Pneumatiche", testo giunto completo, egli descrive una serie di
apparecchi costruiti per meglio far comprendere, in maniera divertente, le
leggi della fisica ai suoi allievi. Tra queste ne ricordiamo quattro: 1)
"l'eolipila" in cui si applica il principio della turbina a vapore,
che vedrà la sua riscoperta e applicazione industriale dopo quasi duemila anni.
2) Il "tempio colle porte automatiche". 3) "il teatro a scene
fisse" per il dramma di Nauplius, che narra le vicissitudini del ritorno
degli Achei dopo la distruzione di Troia e la tempesta seguitane che ne getta
le navi sulle coste dell'Eubea. Per ognuno dei cinque atti della tragedia si
realizzava il cambio automatico della scena, con mutamento dei decori e del
punto di visuale: A) i Greci riparano le navi, con dodici operai al lavoro. B)
si rimettono in mare le navi. C) le navi navigano in un mare oleoso circondate
da delfini. D) appare Nauoplius, una fiaccola in mano, con al fianco Atena e
insieme vendicano la morte di suo figlio Palamede e gli eccessi del sacco di
Troia, attirando sugli scogli i Greci. E) le navi naufragano e Aiace, colpito
da un fulmine, sparisce tra le onde. Tutto il movimento dei personaggi, degli
animali e degli oggetti era realizzato per mezzo di pesi e contrappesi, che attivavano,
con l'utilizzo di funi e carrucole, piattaforme mobili montate su ruote; i
fondali dipinti su tele si srotolavano automaticamente in successione e inoltre,
il fragore dei tuoni era imitato da grosse biglie di legno lasciate cadere su
assi inclinate. 4) Da ultimo il "teatro mobile". Purtroppo nessuna
delle realizzazioni di Erone è giunta fino a noi, ma esiste un reperto
sorprendente, che ci testimonia del grado di abilità tecnica raggiunto dai
Greci: il meccanismo di Anticitera, databile intorno al 150-100 a.C. La macchina era delle
dimensioni di circa cm. 30 x 15, dello spessore di un libro, costruita in bronzo
e originariamente montata in una cornice di legno. È ricoperta da oltre 2.000
caratteri di scrittura, dei quali circa il 95% è stato decifrato (il testo
completo dell'iscrizione non è ancora stato pubblicato). Il meccanismo altro
non era che un complesso congegno meccanico, che permetteva di riprodurre il
moto attorno al Sole dei cinque pianeti allora noti, i soli visibili a occhio
nudo, e le fasi lunari. Tuttavia, si scoprì presto che almeno 30 ruote dentate
erano inserite nel congegno e che queste permettevano di riprodurre il rapporto
254:19 necessario per ricostruire il moto della Luna in rapporto al Sole e grazie a un differenziale (riscoperto oltre duemila
anni dopo) di ottenere una rotazione di velocità pari alla somma o alla
differenza di due rotazioni date. Il suo scopo era di mostrare, oltre ai mesi
lunari siderali, anche le lunazioni, ottenute dalla sottrazione del moto solare
al moto lunare siderale. In seguito si è trovato
che poteva prevedere anche le eclissi e i moti dei pianeti. Sembra perfino che
l’anno fosse diviso in 12 mesi. Recentemente si è dimostrato che serviva anche
a scandire le date delle Olimpiadi e dei giochi panellenici a loro associate. Alcuni
pensano, che Archimede (Siracusa,
circa 287-212 a.C.) possa esserne stato
l'ispiratore. Anche Cicerone ci parla di una macchina per il calcolo lunare
inventata dallo stesso Archimede. Come ci sembrano lontani questi sapienti
dalla telestiké
(τελεστική) termine greco antico, che indica una tecnica di
iniziazione misterica e teurgica propria della religiosità tardo
ellenistica e dell'ultimo Neoplatonismo (II scolo a.C.); consistente nel consacrare ed evocare, allo scopo di animarle,
delle statue magiche di Divinità, per ottenerne degli
oracoli. Tale tecnica si fondava sulla credenza che a ogni Divinità corrispondesse, nel mondo
fisico (animale, vegetale e minerale) un suo elemento di risonanza e che agendo
su questo si fosse in grado di agire sulla stessa volontà della Divinità.
Allora come oggi il confine tra scienza e credenze era indistinto e mutevole.