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Nazario Sauro 14/b
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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
L'estampille, seconda parte.
La differenza tra l’estampille e la marca è
costituita dalla diversità del rapporto tra committenza e produttore.
L’estampille in un mercato ristretto, in cui il rapporto tra committente e
fabbricante era di solito diretto, costituiva una garanzia per l’artigiano. Oggi
la marca serve, in un mercato allargato, in cui il rapporto tra acquirente e
produttore è inesistente, al compratore per identificare la merce e il suo
fabbricante. La presenza dell’estampille non aumenta di per se il valore
dell’arredo, se esso non possiede caratteristiche di qualità adeguate; ma soprattutto
ci permette di identificare artisticamente e storicamente l’artigiano o meglio
la sua bottega. Tale rapporto diretto tra l’artista e il committente rendeva
superflua la necessità di firmare l’opera. All’epoca era più importante il personaggio
che pagava l’opera di chi la eseguiva. Anche i grandi artisti erano soggetti ai
desideri dei committenti e spesso dovevano concordarne i termini dell’esecuzione
e addirittura sottoporre i disegni preparatori alla loro approvazione
preventiva. Erano Napoleone o Giulio II che contavano, non Thomire o
Michelangelo. D’altronde in un mondo in cui il lavoro manuale non era
considerato e la reputazione, come il posto nella gerarchia sociale, era
determinata dai requisiti della nascita non avrebbe potuto essere diversamente.
Per cui fu maggior merito dei grandi artisti imporre, al di là di tali
delimitazioni, la propria personalità. All’opposto oggi l’ossessiva ricerca
della firma sovente va a scapito delle considerazioni sulla reale qualità
dell’opera. Ciò porta al proliferare di attribuzioni ad ogni costo. I grandi
maestri ebbero alle loro dipendenze schiere di lavoratori, come Georges Jacob,
che arrivò a contare nella sua bottega, già prima della rivoluzione, oltre 800
operai. Ciò era reso indispensabile anche dalla necessità di avere nella
bottega lavoratori a loro volta appartenenti alle rispettive corporazioni:
falegnami, bronzisti-fonditori, cesellatori, doratori, laccatori, ecc.
Altrimenti si doveva ricorrere alla produzione esterna, con un controllo minore
sulle fasi delle lavorazioni, che i maestri rinomati non potevano permettersi
senza rischiare di compromettere la qualità o il carattere proprio delle loro produzioni.
Da sempre l’artista di successo si affranca dalle fasi propriamente manuali per
dedicarsi alla creazione, alla progettazione e alla direzione dei lavori,
riservando l’intervento diretto solo a quei capolavori destinati a committenti
importanti. L’estampille era dunque tutela del proprio lavoro creativo, oltre
che necessità della difesa dei privilegi della categoria e strumento di
tassazione. Essa svolse da una parte un ruolo conservatore di freno all’accesso
di nuova linfa, soprattutto straniera, al mercato, dall’altra garantì la
qualità dei prodotti.
Le
caratteristiche dell’estampille.
Normalmente è presente un solo nome, ma ci sono casi
di due marchi diversi, ad esempio: del maestro e di un restauratore successivo,
di un maestro produttore e di un committente e venditore finale, di due maestri
collaboranti, quando uno continuava il lavoro di un altro, ecc. Non ci sono mai
troppe estampilles ripetute a meno che non fossero riuscite poco leggibili.
Sono invece la maggioranza gli arredi non stampigliati, ad esempio: quando si
marcava un solo sedile di un gruppo, se il fabbricante non era maestro, quando
il committente-rivenditore chiedeva al maestro di non stampigliare per
garantirsi l’esclusiva del cliente, ecc. Ancora più rari i marchi della
jurande, sia perche le visite quattro volte l’anno permettevano di punzonare
solo gli arredi presenti in quel momento in bottega, sia perché era diffusa la
corruzione e si pagava per non far marchiare i mobili destinati ai
marchands-merciers o anche per risparmiare sulle tasse. Tale marchio è, almeno
in parte, garanzia di qualità dell’arredo; infatti, i giurati erano tenuti,
oltre che a controllare le stampigliature, a sequestrare gli arredi mal
eseguiti.
Il ferro
con cui si stampigliava il marchio era un punzone in un unico pezzo, forgiato e
inciso. Con un colpo di martello s’imprimeva, normalmente a freddo, la
stampiglia, ma non ne mancano di rare a fuoco. Di norma ogni maestro possedeva
un solo punzone, che veniva impresso su una lastra di piombo, depositata presso
la jurande al momento del conseguimento della maîtrise. Mentre quelli dei
giurati erano più di uno, non avendo lo scopo di identificare la bottega, ma
solo quello di certificare la loro visita e il pagamento della tassa; spesso
erano rinnovati col cambiare dei giurati in carica. Esistono posti
preferenziali in cui si marchiava, come ad esempio sotto i piani di marmo dei
mobili o le traverse delle sedie; ma al di là delle preferenze dei singoli
artigiani l’estampille è sempre sul fusto, mai sulle parti placcate,
normalmente non troppo visibile, spesso nascosta. Non mancano marchi eseguiti
con un timbro, etichette incollate stampate o scritte a penna, come nel caso di
Hasce o di Molitor; ma sono molto rare prima della metà del XIX sec. Qualche
volta sono celate dalla tappezzeria dei sedili o dai pannelli di pelle dei
piani degli scrittoi; soprattutto quando, come già detto, non si voleva che una
volta consegnato l’arredo ne fosse identificabile l’esecutore. Sono anche
presenti altri marchi: dei castelli e delle residenze importanti, degli
inventari, ecc. Esistono alcuni repertori degli artisti e delle loro
estampilles, cui fare riferimento per le notizie storiche e per un confronto
con il marchio che si vuole esaminare. Molte estampilles possono non essere
originali. A parte quelle grossolane e improbabili, vi sono quelle di maestri
non corrispondenti allo stile e all’epoca in cui sarebbero dovute essere
apposte, su arredi di qualità non all’altezza del nome presente, su mobili in
stile, di fantasia, ecc.; ad esempio durante la seconda metà dell’Ottocento
oltre che imitare lo stile di arredi antichi, si stampigliarono gli stessi con
il nome dell’ebanista imitato. Solo un esame minuzioso da parte di un esperto,
come sempre, può garantirne l’autenticità.