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Nazario Sauro 14/b
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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
L’avorio parte terza, storia.
L’avorio fu lavorato fin
dall’antichità. I reperti più antichi risalgono a 30.000 anni fa. Tutte le
civiltà dell’area mediterranea conobbero questa lavorazione. Si scolpirono in
avorio piccoli oggetti, ma anche statue di grandi dimensioni, come quelle
famose greche crisoelefantine (che significa fatto d’oro e d’avorio) di Fidia e
Scopas. Presso i Musei Vaticani sono conservate una mano ed una testa di grandi
dimensioni. Durante il periodo imperiale a Roma l’avorio cominciò a
scarseggiare a causa della grande caccia agli elefanti dei secoli precedenti.
La lavorazione ricominciò su ampia scala a partire dal IV secolo, particolarmente
a Bisanzio, sia a fini civili, famosi i dittici consolari, sia a fini
religiosi, tra cui importanti furono le cattedre vescovili. Non mancarono
oggetti di uso comune, come: pettini, manici, specchi, contenitori, ecc.
Durante il Medioevo fu soprattutto
a Bisanzio che si concentrò la lavorazione dell’avorio con una particolare
fioritura fra il IX e l’XI secolo. Con il Romanico incominciò il grande periodo
di tale arte in occidente, dalla Germania, alla Francia, all’Italia,
all’Inghilterra, al Belgio, ecc; anche la tipologia si diversificò
ulteriormente. Con il Gotico si raggiunsero i risultati più raffinati,
soprattutto in Francia, dove risorse la tecnica classica della statuaria ed in
particolare a Parigi, dove gli artisti seppero assurgere al ruolo di guida
della produzione europea. Tale impulso fu dato dal sorgere dei nuovi ideali
cavallereschi e mondani legati alla rinata vita di corte. Ricordiamo la ricca
produzione italiana fra Tre e Quattrocento, in particolare quella della bottega
degli Embriachi, artisti trasferitisi da Firenze a Venezia, che riuscì a
rivaleggiare con quella francese. Oltre alle ben note cassette citiamo la loro
produzione d’importanti composizioni per altare, come quella per la certosa di
Pavia ed il retablo di Poissy. Nel Cinquecento assistiamo al tentativo di
rivaleggiare con le creazioni proprie della statuaria. Si producono molte copie
di opere famose contemporanee, come un crocefisso di Michelangelo, in un
generale tentativo di ammodernare i tradizionali canoni stilistici. Si
raggiunsero alti livelli virtuosistici, e se il secolo conobbe un certo
ristagno del mercato causato dalla rarefazione della materia prima, dovuto al
controllo da parte dei turchi delle vie commerciali mediorientali,
contemporaneamente si ebbero importanti sviluppi con la decorazione ad intarsio
delle superfici degli arredi. Nuovo incentivo venne dall’importazione dalle
colonie. Le imprese coloniali portarono ad un’ampia diffusione dei manufatti in
avorio nel corso del Seicento, ma la qualità artistica sarà più scarsa, con un
largo consumo a fini religiosi di crocefissi, madonne ed altri oggetti
devozionali. Un accenno d’obbligo riguarda la produzione indo-lusitana iniziata
a Goa nel XVI secolo, dopo la conversione al cristianesimo ad opera dei missionari
portoghesi. L’avorio proveniva da Ceylon e quando, nella seconda metà del
seicento, il Portogallo cedette l’isola agli olandesi la produzione di Goa si
esaurì. Il Portogallo conobbe la lavorazione dell’avorio grazie a Goa e ne
divenne il maggior centro di diffusione. (Alcune di queste opere sono presenti
al Museo Medievale di Bologna). Fra il Sei ed il Settecento sono numerosi i
centri di produzione europei, di curiosità, come i globi intagliati l’uno
dentro l’altro (come quelli al Museo degli argenti di Firenze); ma soprattutto
di boccali ricavati da sezioni delle zanne, finemente scolpiti e montati con
metalli preziosi. In questo periodo s’incominciò anche una discreta produzione
di ritratti intagliati in medaglioni. In Baviera si sviluppò la grande produzione
di Augsburg, importante quella di Ulm e soprattutto di Dresda. In Francia il
centro di produzione maggiore fu quello della città di Dieppe. In Italia non
assistiamo a grandi esiti, a parte le opere notevoli eseguite a Firenze presso
i Medici dagli artisti d’oltralpe. Spesso erano gli appartenenti alla nobiltà
ad eseguire manufatti d’avorio, tale apprendistato faceva parte dell’educazione
sia degli uomini, sia delle donne. Nel Settecento l’avorio trova vaste
applicazioni sposando l’imperante gusto rococò. In Francia la qualità resta
alta e da 1725 inizia a Dieppe una produzione policroma; anche in Germania
trionfò il gusto rococò. In Italia non abbiamo artisti di rilievo; ricordiamo
alcuni lavori di Giuseppe Bonzanigo. Con
l’Ottocento la produzione si ridusse notevolmente; divenendo spesso meramente
seriale; solo in Belgio si ebbe uno sviluppo significativo, verso il finire del
secolo, con l’utilizzo dell’avorio proveniente dal Congo Belga. Con il Liberty
assistiamo alla ripresa della lavorazione dell’avorio con esiti innovativi,
primo fra tutti da parte del grande Dimitri Chyparius.
Al di fuori dell’area europea
si ebbe una notevole produzione d’avorio: nel mondo islamico medioevale, in
India, in Africa, in Cina a partire dal XV secolo, in Giappone, presso gli
eschimesi, ecc. In Oriente si ebbe, soprattutto dall’Ottocento, una vasta
produzione di statuaria di ogni dimensione; ma quella senz’altro più
interessante fu la manifattura dei netsuke (netsuke da ne: legna e tsuke:
bottone) piccole sculture di solito in avorio o in legno, la cui origine risale
probabilmente al XV secolo. Essi servivano per fermare gli accessori legati
alla cintura. Ricordiamo quelli apribili, formati da due valve girevoli, al
fine di nascondere alla pubblica vista i soggetti scolpiti all’interno. Oltre a
motivi erotici, dal Seicento si diffusero quelli con raffigurazioni cristiane,
soprattutto dopo l’inizio delle persecuzioni contro i convertiti, iniziate
dalla metà del secolo.
Bisogna prestare attenzione
ai netzuke falsi. Gli originali sono sia di avorio sia di legno in numero
quasi uguale; invece sul mercato sono molti più presenti i netsuke
falsi di avorio. Per la ragione che fino a pochi anni fa, i netsuke
di avorio erano più ricercati e
costosi; ed anche perché la patina di un esemplare originale di legno è più
difficile da riprodurre. Determinante anche la possibilità di fabbricarne
con materiali plastici ed altri composti (vedi la scheda del numero precedente)
in maniera economica a stampo. Molti oggetti in avorio di narvalo e un regolare
commercio di questo materiale con le regioni artiche risalgono alla dinastia
Qing. (nota anche come dinastia Manciù,
che conquistò l'intera Cina nel 1644 governandola fino al 1912).
Oggi è possibile utilizzare
una nuova tecnologia per l’analisi dell’avorio la spettroscopia infrarossa, che
evidenzia le molecole presenti nella materia; permettendo di distinguere in
modo chiaro le sostanze inorganiche da
quelle organiche. Per
queste ultime possono essere applicati i metodi analitici per la datazione in
modo mirato a molecole selezionate e misurabili. Metodo più accurato della
datazione con il radiocarbonio. L’analisi con la curva spettroscopica consente
anche di individuare chiaramente i vari
tipi di avorio, in modo tale da poter elaborare calcoli specifici per la
datazione di ciascun tipo.