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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
Analisi
di un secrétaire I° Impero. Di Pierdario Santoro.
Quali elementi dobbiamo prendere in considerazione per
definire: lo stile, l’epoca, l’autenticità ed il valore di un arredo?
Lo stile è determinato dall’aspetto complessivo cui
concorrono un insieme di dettagli, che devono risultare congrui ed omogenei.
L’epoca è già parzialmente identificata dallo stile, ma spesso l’esecuzione di
tipologie simili può avvenire in tempi diversi. La peculiarità dei materiali
impiegati e la tecnica di lavorazione possono allora chiarirci le idee; mentre
lo stato di conservazione può dipendere spesso dalle traversie, piuttosto che
dall’epoca dell’arredo. Esistono esami specifici a seconda dei materiali
indagati, che ci possono dare datazioni approssimative, anche precise; ma
ancora troppo dipende dalle modalità d’esecuzione della campionatura per
risultare del tutto affidabili e soprattutto spesso abbiamo necessità di
giudicare con tempi ristretti. L’autenticità è forse il capitolo più
controverso. La regola matematica, che ammette una percentuale massima di
restauri e modifiche del 25% non trova nella pratica validi riscontri. In
realtà, a seconda delle tipologie e delle epoche, è necessario applicare
criteri diversi, che nell’analisi specifica cercheremo di indicare. Il valore è
semplicemente quello di mercato. Una volta identificati i requisiti precedenti,
unicamente la conoscenza puntuale ed aggiornata di esso permette di stabilire
delle cifre. Solo il professionista qualificato costituisce una garanzia, ed in
linea di massima il prezzo, indicato o richiesto, dovrebbe essere quello che
permette l’acquisto o la vendita, sottratti naturalmente i vari costi e
percentuali di guadagno, del bene considerato.
Ecco l’expertise del mobile
che analizziamo (ricordiamo che per legge ogni antiquario deve rilasciare al
momento della vendita un certificato corredato da fotografia, dichiarazione di
lecita provenienza, originalità e descrizione per quanto possibile accurata).
Secretaire, h. 142,5x97,5x41. Epoca e stile: I°
Impero, 1805-15. Materiali: piuma di mogano, bronzo cesellato e dorato, zinco
smaltato, piano di marmo pietra sedimentaria “Petit gris” del Belgio, fusto di
rovere.
Questo secretaire a vanteaux, cioè a sportelli, porta
la stampigliatura del grande ebanista Pierre Benoit Marcion, il principale
fornitore di Napoleone dopo Jacob. La caratteristica saliente è la
monumentalità, evidenziata dal disegno severo, fortemente geometrico e di
grande originalità. Il basamento poggiante direttamente a terra ed i pilastri
laterali contribuiscono a rafforzare un’immagine vigorosa ed un aspetto
compatto e maschio. Il decoro bronzeo cesellato e dorato è di ottima qualità.
Il castello mantiene gli stessi caratteri di severità,
ma l’alto colonnato e la bella colorazione delle colonne rendono l’interno
aereo ed elegante. Lo specchio, disposto su tutti i lati, moltiplica le colonne
corinzie e gli archi che le collegano; riempiendo l’ampio spazio centrale di
riflessi baluginanti. Le colonnine sono realizzate in lamierino di zinco
lavorato a guilloscè e smaltato in verde, ottenendo l’effetto della preziosa
malachite; tale lavorazione è iniziata verso il 1810. Le leggiadre colonnette
corinzie concorrono all’immagine di raffinatezza dell’insieme; contrastando
piacevolmente con la severità esteriore del mobile. I due usuali cassettini
segreti collocati sotto le colonne scattano grazie a pulsanti nascosti. Molto
più insolito il sistema di segreti liberato dalla rotazione della colonnina
posteriore sinistra. Ruotandola in senso antiorario si libera il coperchio di
un piccolo segreto posto a sinistra all’interno della parte superiore ad arco.
Tale coperchio è accessibile estraendo completamente il cassetto superiore del
mobile. Ruotando all’incontrario in senso orario la medesima colonnina si
libera il grande coperchio del segreto maggiore, reso accessibile, sempre sotto
il cassetto superiore, solo dopo aver aperto il precedente. Tre cassetti,
ornati da maniglie a forma di testa di leone, sono collocati nel castello
inferiore dietro agli sportelli.
Analizziamo questa breve ed esauriente descrizione.
Il fusto è di rovere, il legno più utilizzato in
quest’epoca in Francia per tutte le parti strutturali. Le pannellature dei
lati, della ribalta e degli sportelli inferiori sono viceversa realizzate di
pioppo, sempre intelaiate da assi di rovere. Questa composizione di legni
assolve due requisiti fondamentali. Primo contrapporre le due essenze con
andamenti perpendicolari, in modo da stabilizzare le spinte esercitate sia dal
naturale calo del legno nel tempo, sia dalla tendenza altrettanto naturale ad
imbarcarsi. Col passare degli anni le assi di legno si restringono considerevolmente,
calano, nel senso della larghezza con
la lenta essiccazione, soprattutto delle venature tenere, normalmente di colore
chiaro, più larghe, createsi con l’accrescimento estivo della pianta. Tale calo
provoca anche la curvatura delle assi, che sono di norma tagliate
parallelamente al centro dell’albero, e presentano vene tenere con andamento
circolare più larghe verso l’esterno del taglio, in quanto i cerchi di
accrescimento sono più piccoli e più stretti verso il centro. In secondo luogo
per le ampie superfici il pioppo si dimostra più adatto ad accogliere
l’impiallacciatura essendo più assorbente nei confronti della colla. È per le
ragioni esposte, che si placca il lato esterno dell’asse in modo da
contrapporre la resistenza meccanica dell’impiallacciatura a tale pernicioso
incurvamento. In tutti i mobili antichi placcati dobbiamo ritrovare tracce più
o meno evidenti dei fenomeni descritti, sia sotto forma delle suddette
imbarcature, che di fessurazioni dei piani.
L’impiallacciatura è di mogano di Santo Domingo, che
era tra le più venate e cangianti, conferisce alle superfici l’aspetto della
tartaruga e addirittura sembra avvolgere tra le fiamme i cassetti inferiori
dietro gli sportelli (per le notizie relative al mogano ed alle impiallacciature
vedere la scheda precedente pubblicata nel numero di settembre). I decori sono
di ottone cesellato e dorato. A questo proposito abbiamo già in passato
ribadito (vedi la scheda tecnica sulle fusioni e quella sulle dorature
precedentemente pubblicate sull’Informatore) che normalmente non è corretto
parlare di bronzo per le fusioni decorative dorate. In realtà per la presenza
contemporanea sia dello stagno (che caratterizza il bronzo), che dello zinco
(che caratterizza l’ottone) si tratta di leghe miste; che tuttavia è più
corretto chiamare ottone, per le caratteristiche sue proprie, ricercate dai
fonditori, di trattabilità delle superfici. Tutti i decori metallici
neoclassici, di produzione raffinata (quelli Impero francesi sempre), sono
fissati con perni avvitati sul retro degli stessi, non visibili sul davanti. I
chiodini passanti sono normalmente indice di produzioni posteriori e meno
curate; o di restauri impropri. Quando si tolgono i decori dal mobile per il
restauro, spesso tali perni si staccano e restano piantati nel legno. Invece di
rifilettare i fori sul retro e sostituire i perni danneggiati con altri,
operazione molto complessa, che i falegnami evitano volentieri, anche per il
costo dei bronzisti specializzati, si forano passanti le sedi dei perni e si
inchioda, dopo il restauro del legno, il decoro al mobile con un chiodino
d’ottone, la cui testa appare visibile. Nei mobili francesi i perni antichi
possono avere sia il diametro di due millimetri, che uno leggermente superiore
corrispondente alla misura in linee (una linea corrisponde a mm. 2,116.
Ricordiamo che in Francia le misure metriche furono istituite ufficialmente il
7-4-1795 ed adottate in pochi anni quasi universalmente. Vedi schede
precedenti. Negli altri stati le misure erano differenti e quelle metriche
furono adottate molto dopo). Sovente è sufficiente ricorrere a perni di
diametro moderno (2 M.A.) che ben si fissano sulla filettatura precedente, che
ha un passo (distanza tra i solchi e
sagoma degli stessi) differente, ma tale da fissare stabilmente il passo
moderno. I perni antichi erano chiodini senza testa filettati solo
all’estremità non appuntita; quelli moderni sono interamente filettati perchè
di solito ricavati da una vite senza testa, appuntita da una parte con la lima.
Le colonnine interne sono realizzate in lamierino di zinco guilloscè (trattamento meccanico delle superfici metalliche con cui
si ottengono decori geometrici, spesso ricoperti di smalto), tecnica utilizzata
in questo caso per conferire un aspetto variegato e cangiante simile a quello
della malachite. Per dare il colore verde si smaltava, a volte anche solo con
vernici a freddo trasparenti. La malachite fu di gran moda durante l’Impero,
dopo il suo utilizzo a Versaille prima ed a San Pietroburgo poi (per la
malachite, le sue differenti tipologie e caratteristiche storiche, vedi la
scheda tecnica sui materiali lapidei già pubblicata in passato
sull’Informatore). È utile l’indicazione sulla data di produzione dello zinco,
che prima dell’ottocento era resa difficoltosa per l’insolita caratteristica di
questo materiale di avere un punto di evaporazione più basso di quello di
fusione. Fino all’invenzione, all’inizio del XIX secolo, di uno speciale forno
chiuso in grado di condensare i vapori e di raffreddarli, lo zinco si otteneva
in modeste quantità, raccogliendo i fiocchi che si accumulavano sulla calotta
dei forni tradizionali. È solo dopo di allora che la produzione dello zinco
divenne economica, abbassando anche il costo dell’ottone. La produzione di
oggetti in lamiera di zinco diventa usuale, basti pensare alle numerose
lampade, scatole, oggetti vari e perfino ai rivestimenti dei tetti. Anche le
colonnine per i secretaires erano prodotte normalmente, ma la caratteristica
dello zinco, allora ancora non nota, di deteriorarsi col tempo (lebbra dello
zinco), ha fatto in modo che molte siano state sostituite, già nell’ottocento,
con altre di mogano. Oggi esse rappresentano una rarità, soprattutto quelle in
buon stato di conservazione. Il piano è di pietra sedimentaria con inclusioni
fossili. Questa pietra, nei colori bruno scuro e quasi nero, fu tra le più
usate nell’ottocento tanto da determinare l’esaurimento della cava, fino alla
sua chiusura negli anni sessanta del novecento, quando ormai se ne cavava solo
della grigia chiara, da cui il nome di petit-gris. (il nero del Belgio, come
erroneamente è a volte chiamata questa pietra, è un marmo compatto ed
uniformemente nero, molto utilizzato soprattutto dalla metà dell’ottocento).
Essa è sufficientemente compatta e tenera da permetterne una facile
lavorazione, senza temere di spezzare qualche lastra. Durante il taglio emette
un caratteristico sgradevole odore.
Il secrétaire prende il suo nome dalla funzione cui
era dedicato. Il piano ribaltabile fungeva da scrittoio ed il castello celato
dietro di esso era sempre provvisto di cassettini di varia forma e misura,
destinati a contenere sia la carta da lettere, che le buste e quanto necessario
per scrivere, oltre ai più svariati oggetti personali. Essi sono forniti di una
maniglia per aprirli, normalmente un pomello, o di una serratura la cui chiave
può fungere da impugnatura. Praticamente tutti i secrétaires sono dotati
lateralmente a fianco di quelli visibili di due cassettini nascosti, segreti
appunto, che si aprono a scatto, normalmente spinti da una molla, bloccati da
pulsanti celati nella struttura. Spesso, come nelle ribalte del Settecento,
sotto al cassetto centrale, sotto un’asse scorrevole si trova un altro
nascondiglio. Alle volte sono anche presenti altri scomparti segreti nascosti
nelle maniere più ingegnose. Tali nascondigli servivano per oggetti preziosi,
ma soprattutto per la corrispondenza più personale ed in particolare per quella
amorosa. Il ladro rompeva o asportava l’intero mobile, era il servo che
corrotto da altre-i amanti doveva svolgere, senza lasciare tracce, una sollecita opera di spionaggio in loro
favore. Questi mobili, come peraltro gran parte degli arredi non da parata, era
collocato nella camera da letto, l’ambiente più sontuoso della casa, in cui si
ricevevano abitualmente gli ospiti. Chi possedeva simili arredi disponeva di un
proprio appartamento o quanto meno di una camera personale non condivisa con il
coniuge. Sicuramente inusuale il sistema escogitato in questo secrétaire.
Apparentemente non vi è posto per celare vani in un castello così aperto. Ma è
proprio sull’illusione di assenza di intercapedini, che gli ebanisti contavano
per creare nascondigli. In questo caso bisogna agire sulla colonnetta
posteriore sinistra per liberare i coperchi dei segreti accessibili sotto al
cassetto superiore. Le serrature presentano un innesto ad asso di fiori, tipico
delle manifatture francesi ed in particolare parigine tra la fine del Settecento
ed i primi trenta anni dell’Ottocento. Quella della ribalta è a tre catenacci e
blocca con il secondo scatto il cassetto superiore. Quella degli sportelli
inferiori percorre l’anta per tutta la sua altezza e innesta i catenacci
inferiormente nel basamento e superiormente nella traversa, che divide gli
sportelli dalla ribalta. Questo tipo di serratura è tipico degli sportelli che
celano una cassettiera, non essendo possibile una serratura con fermo centrale,
che risulterebbe piantato a metà del cassetto di mezzo. Per contro se dietro
detta serratura si trova un vano vuoto, o con un solo cassetto ed un piano, od
altre tipologie diverse dai canonici tre cassetti, o tali cassettiere e piani
sono fissati direttamente ai montanti dei mobili e non correttamente in
cassettiere con struttura estraibile indipendente, ciò deve indurre qualche
sospetto di manipolazione dell’arredo. La parte a vista delle scatole delle
serrature è normalmente di ottone. Generalmente si tratta di serrature robuste,
non particolarmente complesse, di fattura un po’ seriale, ottimamente rifinite,
inserite perfettamente nel legno e con la toppa protetta da una caratteristica
buchetta di lamierino d’ottone a protezione dell’innesto della chiave, presente
sempre anche sotto decori di bronzo dorato, che possono coprirle. Le serrature
francesi sono sempre a due scatti, per consentire chiavi più aggraziate, con
mannaie più piccole, soggette a leve più corte e quindi azionabili con minor
sforzo di quelle ad un solo scatto. Le chiavi, tranne rari casi, sono di
acciaio. Le cerniere della ribalta sono costituite da barre d’acciaio inserite
nei lati e trattenute con viti a testa svasata, provviste di un foro in cui si
inserisce il perno della cerniera maschio, che è di forma rettangolare ed
inserita nel montante del mobile. Gli sportelli hanno cerniere analoghe, ma di
dimensioni più ridotte ed a volte sono tutte, o rivestite, di ottone nella
parte a vista. Il piano superiore è sempre di marmo, solo in mobili tardi o di
produzione non francese può essere di legno; esso è sempre aggettante sui tre
lati ed a volte anche sul retro per colmare la distanza dal muro causata dal
battiscopa e quanto altro. Gli arredi di epoca Impero sono provvisti di due
tipologie di appoggio a terra: -A cattedra o basamento, come in questo caso,
col mobile direttamente poggiante al suolo, alle volte sono presenti piccoli
spessori, spesso collocati in epoca successiva, per evitare danneggiamenti
durante gli spostamenti. -Con piedi di tipo zoomorfo, fra cui i più comuni sono
quelli a zampa ferina, vi possono essere anche interi animali, come tartarughe,
rane, ecc. la tipologia dei piedi è uno dei maggiori elementi di indagine per
analizzare lo stile e l’epoca degli arredi. In questo caso l’evoluzione del
piede impero è la seguente. Piede a tronco di piramide rovesciata, Consolato,
1800-05; entrato in uso in epoca Direttorio, 1793-