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Nazario Sauro 14/b
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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista “L’Informatore
Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
Scheda di approfondimento.
Analisi di un secrétaire Biedermeier, seconda parte.
Il blocco continentale,
imposto da Napoleone nel 1806, per danneggiare le importazioni
dall’Inghilterra, limitò l’uso del mogano in Europa, che costituiva, in valore,
quasi il quaranta per cento di tutte le esportazioni britanniche. Gli inglesi
n’erano divenuti monopolisti dopo avere conquistato alla fine del Settecento
anche i possedimenti francesi nelle Antille, divenendo gli unici proprietari di
piantagioni di mogano. Questo comportò l’utilizzo forzato d’essenze
esotiche per lo più chiare (tuya, limone, ecc.), modificando addirittura il gusto in
favore di esse. Nonostante la predilezione per essenze chiare, tuttavia arredi
biedermeier sono stati fabbricati anche di mogano essenzialmente per due
motivi: in primo luogo perché il mogano restò fino alla metà dell’Ottocento
l’essenza più utilizzata per i mobili di pregio, in secondo luogo perché
prodotti dopo il 1830, quando con il battello a vapore esso divenne decisamente
più economico, grazie ai minori costi di trasporto ed alla generale adozione di
mezzi di tranciatura meccanica, che permisero una maggiore facilità di
lavorazione e l’abbattimento degli scarti. Tutto ciò vale per quest’arredo in
cui anche la betulla fiorita è un’essenza locale più economica del mogano;
nonostante la rarità di questo materiale. Le essenze fiorite sono ottenute
artificialmente, potando più volte per diversi
anni i rametti della cima degli alberi da cui si ricavano, come oggi si fa per
un bonsai, favorendone così la continua vegetazione di nuovi, in modo da
ricavare in questo breve tratto una superficie estremamente punteggiata; tale
metodo era utilizzato soprattutto per quelle essenze prive di una radica
abbondante e di qualità. Anche l’utilizzo di un fregio di piombo dorato a
foglia, è dimostrazione ulteriore del generale criterio d’economia, rispetto ai
costosissimi decori di ottone dorato al mercurio eseguiti nel primo terzo del
secolo. L’eccezionale stato di conservazione di quest’arredo ha permesso di
mantenerlo originale, dal momento che, nel corso dell’Ottocento, esso è stato
quasi sempre sostituito da fregi d’ottone dorati galvanicamente, divenuti ormai
economici. La cornice sotto il timpano è di legno ebanizzato. L’ebanizzazione
di parti degli arredi è un’altra peculiarità del bidermeier.
In questo modo si realizzavano contrasti cromatici, che permettevano a basso
costo di evidenziare particolari. Per l’ebanizzazione si usava principalmente
il legno di pero od in alternativa anche il noce, tinti con vernici a base di
nero fumo e gommalacca. La presenza d’ebanizzazioni
sui mobili neoclassici è un buon elemento di datazione, perché è avvenuta
principalmente per influenza del biedermeier. Ad esempio i comuni cassettoni di
noce con colonne o lesene ebanizzate sono eseguiti dopo il periodo impero e
sarebbe più corretto definirli appunto biedermeier. I particolari di legno
scolpito e dorato sono ben eseguiti, ma non raggiungono mai la qualità di
quelli realizzati in Italia, che in questo campo resta maestra indiscussa.
Anche in questo caso essi sostituiscono in maniera più economica
l’ornamentazione di ottone dorato a fiamma, tipica dei più raffinati arredi
francesi. Non dimentichiamo che fino a tempi recenti la manodopera non
costituiva una spesa cospicua ed erano i materiali (essenze esotiche, ottoni e
bronzi cesellati e dorati, placche di porcellana, rivestimenti di tartaruga,
ecc.) a determinare per la maggior parte il costo delle opere d’arte applicata.
I fregi d’ottone che coprono le buchette delle chiavi sono stati aggiunti
successivamente e nascondono le filettature d’osso intarsiate originali. Questo
è avvenuto in seguito ad un precedente restauro od a causa di un desiderio
d’abbellimento per il variare del gusto; che soprattutto nella seconda metà
dell’Ottocento divenne generalmente più carico d’ornamentazione, sia per il
generale desiderio della borghesia di dimostrare il lusso più platealmente, sia
in conseguenza di quanto prima enunciato sull’economicità dei processi di
produzione. Essendo alcune di tali filettature danneggiate e comparendo dietro
tali borchie le tracce di altri fregi posti precedentemente, si tratta
senz’altro di un restauro sbagliato ed un eventuale ripristino provvederà alla
loro eliminazione ed alla riparazione di quelle d’osso originali. Quando negli
arredi biedermeier compaiono tali borchie raramente sono originali. I cassetti,
anche quelli di altri arredi biedermeier, sono spesso di diverse altezze, per
permettere di riporre differenti tipologie e per rompere la simmetria,
costruendo una migliore resa architettonica a fini estetici, senza necessità di
ornamenti aggiunti. Il fusto dei mobili dell’area mitteleuropea è generalmente
eseguito in abete, variante dal rosso arancio a quello intenso, con venature
chiare alternate da altre scure. sovente quello dei cassettini del castello è
invece di materiale più nobile: in
questo caso è d’acero. Anche i pomelli dei cassettini sono d’osso tornito.
Quelli più grandi erano sempre eseguiti in due pezzi, per evitare la comparsa
della parte spongiosa. Oggi tale esecuzione risulta
complessa ed i pomelli così torniti sono da considerarsi d’epoca. Si utilizzava
l’osso di bue, normalmente la clavicola, sbiancandolo con un’accurata bollitura.
Per i motivi già esposti non s’impiegava di norma il costoso avorio, come
talvolta qualcuno erroneamente dichiara. Le serrature sono normalmente ben
eseguite da artigiani specializzati, che spesso ne rifinivano anche le parti
poi coperte una volta collocate. Nei mobili biedermeier esse sono sempre,
quando possibile, inserite internamente nello spessore del legno in modo da non
sporgere, evitando l’occasione di sgradevoli impigli delle stoffe riposte o di
graffi alle mani. Sono normalmente eseguite tutte d’acciaio, solo negli arredi
importanti, come in questo, a volte la parte a vista è ricoperta da una
placchetta d’ottone rivettata alla scatola, com’è la regola nei mobili
parigini. Sono fissate da viti svasate con sedi provviste d’impanatura. Il secrétaire
poggia su robusti parallelepipedi di legno, applicati sotto la cornice del
basamento. Gli arredi di questo stile raramente mostrano appoggi scolpiti, come
quelli zoomorfi preferiti nei precedenti mobili impero, ma sono collocati:
direttamente a terra, su dadi o presentano i caratteristici piedi realizzati da
un ingrossamento rettangolare del prolungamento dei montanti, con a terra uno
zoccolo cubico costituito da quattro cornici applicate; come appare spesso nei
succitati cassettoni erroneamente definiti impero. La schiena è inserita in
scanalature ricavate nei montanti e fermata con cavicchi di legno; lo stesso
per i fondi dei cassetti, che però spesso non erano fermati, essendo
sufficiente il perfetto incastro realizzato a mantenerli in posizione. La
presenza di chiodi è generalmente dovuta ad interventi successivi; infatti, il
loro uso era raro, non perché costassero (un fabbro specializzato poteva
produrne più di mille al giorno), ma per lasciare il pannello libero ed evitare
spaccature, che spesso si verificano a causa delle tensioni provocate dal
naturale calo del legno. In fine la lucidatura è stata eseguita a tampone a
gommalacca; purtroppo dal dopoguerra l’uso di prodotti per pulire i mobili a
base di siliconi ed altre materie impermeabili, tipo
il fabello
spray, hanno spesso reso le superfici impermeabili, rendendo difficoltosa o
addirittura impossibile la normale manutenzione con olio paglierino;
parificando le belle lucidature a gommalacca alle più commerciali a
nitrocellulosa.
In conclusione posiamo
ritenere precisa l’expertise ed aggiungere che questo secrétaire è stato
eseguito all’inizio del periodo biedermeier, tra il 1815 ed il 1825, nella
Turingia tedesca.
Questo arredo è pubblicato
nel saggio dell’autore “L’Ottocento la base della modernità” a pagina