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Queste schede tecniche d’antiquariato sono
state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita sulla rivista
“L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e didascalie, qui non
riportate.
Si
ringrazia per la collaborazione la Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte
presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
VEDI IL PDF con le foto.
Scheda di approfondimento.
Il vetro. Seconda parte: l’Oriente,
Venezia, le vetrate fino al Trecento.
L’Oriente.
La produzione vetraria più importante fu quella del primo periodo dall’VIII
all’IX secolo, quando i califfati omaiaidi e abassidi mantennero una certa
unità del mondo islamico. I principali centri di produzione erano: Siria,
Egitto, Mesopotamia e Persia. Colà si perfeziono la tecnica della pittura a
smalto su vetro e si inventò la tecnica del lustro. Il lustro consiste nell’uso
di zolfo, ossidi d’argento e di rame in aceto, che quando sono fissati col
fuoco sul vetro assumono colorazioni giallastre brillanti a causa dell’ambiente
riducente, creato dalla assenza dell’ossigeno, che è bruciato dalla fiamma del
forno. Dopo l’XI secolo essa fu sostituita dalla pittura d’oro, consistente nel
fissare, fondendo mediante riscaldamento a bassa temperatura, una soluzione
d’oro, che assume l’aspetto di una lamina in leggerissimo rilievo; splendidi
esempi di quest’arte sono le fiasche da pellegrino. Le divisioni tra i
califfati portarono ad una costante riduzione della produzione vetraria sino
alla dipendenza sostanziale da quella occidentale dopo il Quattrocento. La
produzione più caratteristica ed anche quella sopravvissuta in numero maggiore
fu quella delle lampade da moschea. Esse sono decorate a smalto ed oro con
scritte ornamentali ispirate al verso del Corano: “Allah è la luce dei cieli e
della terra. La sua luce è come una nicchia con all’interno una lampada. La
lampada è dentro un bicchiere. Il bicchiere è come se fosse una stella
splendente.”. Spesso sono riportati il nome e gli attributi del sultano o del
nobile donatore. Dopo il 1400, anche in seguito al trasferimento forzato delle
vetrerie da Samarcanda a Timur, la produzione declinò rapidamente e le lampade
da moschea furono importate. La lavorazione del vetro in India non fu mai di
particolare importanza. In Cina i ritrovamenti più antichi sono costituiti da
“perline da occhi” ritrovate in tombe del IV-III secolo a.C. Durante la
dinastia Han,
Venezia.
In epoca romana, nella vicina Aquileia vi era un noto e importante centro
di produzione vetraria, è probabile che da essa sia nata quella veneziana. Il
più antico documento relativo alla vetraria veneziana è un atto di donazione
manoscritto del 982; dove, tra i testimoni, compare un tale "Domenicus fiolarius",
cioè Domenico vetraio (fiola è la
bottiglia). Un altro vetraio è citato in un secondo documento risalente al
1083. Nel 1271 fu promulgato il capitolato degli artigiani del vetro che ne
fissava diritti e doveri; mentre dal 1279 esistono numerosi documenti che
indicano che l'esercizio di questa arte era concentrato a Murano lungo il Rio
dei Vetrai, isola in cui dal 1292 ebbero l’obbligo di risiedere le botteghe per
evitare i gravi pericoli d’incendio. Il vetro veneziano usava il carbonato di
soda estratto dalla barilla, una pianta tipica delle paludi salmastre, di cui
la più pregiata era importata da Alicante in Spagna. Dalla metà del XIV secolo
Venezia dominò con i suoi prodotti il mercato di vetri pregiati: bicchieri,
bottiglie, coppe, tazze e lampade. L’esportazione avveniva via mare con lunghi
e costosi viaggi, che potevano durare dalle tre settimane per giungere a
Palermo, alle nove per Alessandria. Per la prima volta compaiono all’inizio del
XIV secolo vetri firmati dagli autori, a riprova dell’alto grado di
specializzazione e di successo dei vetri veneziani; primo segno di
riconoscimento individuale di una produzione artistica artigianale. Dal 1450,
grazie anche alle intuizioni di Angelo Barovier, vetraio di una delle famiglie
più antiche di Murano, si realizzò una vera e propria rivoluzione tecnologica,
che porterà a uno sviluppo eccezionale lungo i due secoli successivi. Il
Barovier riuscì a creare un vetro di elevata purezza, incolore e terso, simile
al cristallo di rocca, al punto che fu denominato "cristallo". Esso
tende però nel tempo ad ingiallire leggermente. A lui è attribuita anche
l'invenzione del "lattimo", un vetro bianco opaco simile alle
porcellane cinesi, ottenuto fondendo piombo e stagno calcinati assieme o
piombo, arsenico e ceneri d’ossa; una produzione che per secoli nessuno saprà
imitare. Anche il calcedonio, una
pasta vitrea imitante una varietà del calcedonio naturale, gia in uso presso i
romani, è stato con ogni probabilità reinventato da Angelo Barovier il quale,
oltre a essere maestro vetraio, possedeva una preparazione scientifica avendo
frequentato le lezioni del filosofo-scienziato Paolo de Pergla. Per ottenerlo
si scioglievano differenti ossidi metallici in acido nitrico ed i precipitati,
miscelati a tartaro calcinato, ossido di ferro e fuliggine, erano uniti al
vetro fuso. Nello stesso modo si realizzava il vetro agata, l’alabastrino ed il
diaspro. Maria Barovier alla fine del
L’Europa.
Il vetro boemo era sempre composto con la potassa, ottenuta dalle ceneri
della vegetazione locale, al posto della calce sodata di quello veneziano. Dal
Cinquecento, grazie anche ad un nuovo tipo di forno detto appunto boemo, è
fabbricato un vetro meno trasparente, ma molto più resistente del cristallo
muranese ed adatto all’intaglio. Nel 1683 Michael Muller (1639-1709),
aggiungendo gesso ottiene una nuova formula per la produzione di un cristallo
potassico brillante trasparente e resistente, adattissimo all’intaglio con la
mola. Con la scoperta del vetro rubino
all’inizio del XVIII secolo la Boemia incomincia a concorrere con la produzione
veneta. Essi misero rapidamente in crisi la produzione muranese. Il chimico
inglese George Ravenscroft (1618-81) nel 1675 realizzò un vetro denominato
piombico (così chiamato dalla sua formula: 55% silice, 12% potassa e appunto
32% ossido di piombo) in grado di rivaleggiare con la brillantezza del
cristallo di rocca e particolarmente adatto all’incisione. Questo cristallo non
è solo resistente, ma anche resistentissimo e sonoro, alla percussione, come
una campana. Questi nuovi cristalli non erano adatti alla soffiatura, ma erano
eccellenti per la produzione del vasellame per la tavola. Nel 1750 fu realizzato
il vetro ottico, in cui la percentuale di piombo arriva al 43%. George Fédéric
Strass (1700-73) inventò il vetro da lui chiamato strass, usato ancor oggi in bigiotteria, di particolare lucentezza
con ben il 54% di minio ovvero ossido salino di piombo.
Storia della vetrata artistica
I metodi di taglio e le tecniche di produzione artistica elaborati nel
Medioevo sono rimasti sostanzialmente quelli di oggi. All’inizio i pezzi erano
tagliati con una punta di metallo incandescente e sono riconoscibili per i bordi
irregolari; poi dal XV secolo si utilizzò la punta di diamante. Il primo e più
esteso trattato riguardante la fabbricazione di vetrate è scritto dall'abate
Theophilus e risale proprio all'inizio del XII secolo e descrive in modo
incredibilmente efficace le fasi di progettazione e realizzazione di una
vetrata
Fin da tempi molto antichi l'uomo ha incominciato ad utilizzare il vetro
per schermare le finestre dando origine alle prime forme di vetrate artistiche.
Inizialmente di provenienza orientale, esse erano composte esclusivamente
dall'accostamento di vetri colorati uniti tra loro dallo stucco a formare
figure per lo più astratte. Successivamente, nel corso dell’VIII secolo trova
applicazione e sviluppo nel mondo occidentale, con la diffusione del telaio di
piombo che consente un più ampio impiego della vetrata in diverse e più estese
soluzioni architettoniche. Nel corso del secolo successivo l'introduzione della
grisaglia (grisaille) consente di
affinare l'espressione pittorica creando un'ombreggiatura ed evidenziando
particolari del disegno, mediante l'utilizzo di questa polvere, che è stesa,
ritoccata e quindi fissata sul vetro con la cottura. Essa consiste in un colore
bruno o nerastro, ottenuto miscelando vetro polverizzato ed ossidi metallici
diluiti dapprima nel comune vino, poi si usarono sostanze resinose più
aderenti.
Nei secoli successivi
predomina l'utilizzo di vetrate nell'architettura religiosa. E' soprattutto la
Francia, che sviluppa questa forma di arte, raggiungendo straordinarie
espressioni e realizzazioni nel corso del XII secolo, come le vetrate della
cattedrale di Reims, di St. Denis e Chartres (quest'ultima con una superficie
complessiva estesa per circa