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Scheda di approfondimento.
Queste schede tecniche
d’antiquariato sono state scritte dall’antiquario Pierdario Santoro
per la rubrica mensile edita
sulla rivista “L’Informatore Europeo”. L’originale è corredato da foto e
didascalie, qui non riportate.
Si ringrazia per la collaborazione la
Professoressa Mara Bortolotto, perito d'Arte presso il Tribunale di Bologna (www.peritoarte.it).
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PDF con le foto.
Acquaforte, acquatinta, vernice molle, maniera allo zucchero,
litografia. L’acquaforte.
L'acquaforte
è la prima tecnica di incisione indiretta in cavo ed è stata la più utilizzata
dagli artisti antichi e moderni. L'origine dell’acquaforte risale con ogni
probabilità al Medio Evo, quando si utilizzava l'acido nitrico (chiamato in
Latino aqua-fortis, da cui il termine acquaforte. Era
ottenuto dalla distillazione del salnitro). per incidere fregi e decorazioni su
armi e armature. Successivamente nel periodo tra la fine del
La
morsura è denominata:
Piana, quando con una sola
immersione nell'acido i segni sono marcati tutti con la stessa forza ed il
chiaroscuro e le tonalità sono resi dagli incroci e dall’infittimento delle
linee.
Per coperture, quando avviene in momenti
successivi, determinati da più immersioni. In questo caso dopo aver morsurato
una prima volta, si coprono con la vernice protettiva i segni che dovranno
risultare meno marcati nella stampa, si immerge di nuovo per marcare più
profondamente quelli lasciata scoperti, si coprono anche questi e si ripete
l'operazione fino ad ottenere il risultato desiderato. Nella stampa i confini
netti fra le varie zone con differente morsura risultano chiaramente visibili.
Per aggiunte,
quando si eseguono per primi i segni che si vogliono più marcati nella stampa,
si morsurano ed in successione si aggiungono quelli che via via
si vogliono più sottili morsurandoli ogni volta
insieme ai precedenti. Così si ottengono, oltre a segni differenziati, passaggi
sfumati, senza confini visibili, proprio perché si può intervenire in qualunque
parte della lastra fino al termine del lavoro. Per riprodurre un dipinto se ne
esegue dapprima il disegno su di un foglio di carta e lo si trasferisce sulla
matrice già cerata con la tecnica dello spolvero o con quella del ricalco, così
come si opera per gli affreschi (vedi scheda tecnica precedente sull’argomento,
informatore n° 146 luglio ottobre 2005).
Tra i primi a servirsi di questa tecnica fu l'orafo di Basilea Urs Graf (1485-1529), autore della prima stampa datata
(1513).
L’acquaforte
può anche essere eseguita con la variante del punteggiato (in francese pointillé, in
inglese stipple);
e nella manière de crayon
in cui non si asporta la vernice con tratti lineari, ma punteggiandola con
punteruoli o rotelle dentate; creando un effetto chiaroscurale simile a quello
di un disegno a carboncino. Nel punteggiato vero e proprio il disegno è
ottenuto da una serie di punteggiature più o meno fitte, che somigliano ai
retini di stampa moderni, ma meno regolari; metodo laborioso e dalla resa un
po' stucchevole.
L’inchiostro
denso e colloso forma sulla carta rilievi di differente spessore, assumendo
diverse tonalità di grigio, fino al nero, secondo la quantità che se ne è
depositato nei solchi più o meno profondi ed ampi, e creando con tali spessori,
avvertibili sia ad occhio nudo che al tatto, un effettivo gioco di luci e di
ombre.
La
matrice più usata in antico era realizzata in rame. Era costituita da una
lastra martellata a mano di spessore non uniforme, variante circa, secondo le
dimensioni, da uno a due millimetri. È necessario smussarne i bordi per evitare
che trancino il foglio sotto il torchio. Dalla fine del Settecento si sono
impiegate anche lastre d’acciaio, che permettono un maggior numero di stampe e
segni ancor più fini. Con l’invenzione del deposito di metalli elettrolitico,
dopo il 1830, è stato possibile acciaiare le matrici di rame; perdendo però in
definizione. Facciamo notare che essendo necessario inumidire i fogli per
ammorbidirli, essi quando si asciugano si restringono in una percentuale
variabile, secondo il grado di umidità, dall’uno al due per cento. Ciò può
determinare differenze anche di alcuni millimetri tra una stampa e l’altra,
facendo erroneamente dubitare dell’originalità. A cominciare dall’Inghilterra
dal Settecento si è pure stampato su carta velina, anche leggermente colorata,
poi incollata su carta. La lastra lascia una caratteristica impronta sul foglio
stampato, che presenta quindi tre differenti dimensioni: del foglio,
dell’impronta della matrice e dell’effettiva immagine stampata a volte
delimitata da una linea di bordura. Per risparmiare la carta durante il
L’acquatinta.
Tra il 1756 ed il 1762 tre artisti realizzarono autonomamente il
procedimento dell’acqua tinta (detto anche manière
de lavis): Jean Charles François (1717-1759), jean Baptiste Leprince
(1734-81) e François Philippe Charpentier. Essa era
volta a realizzare gli stessi effetti ottenuti nel
Vernice molle.
Si
tratta di una variante particolare dell'acquaforte, nella quale, invece di
ricoprire la lastra con una vernice normale, si stende su di essa, per mezzo di
un pennello o di un rullo, un impasto composto di cera vergine, sego e bitume,
moderatamente riscaldato per renderlo più tenero; e non si annerisce col
nerofumo, che lo indurirebbe. Sopra si applica un foglio sottile, sul quale
l'artista traccia il suo disegno con una matita appuntita; avendo cura di non
comprimere il foglio contro la cera con le mani. Questo impasto molle, sotto la
pressione della matita, aderisce lungo i segni sul rovescio della carta ed è
asportato con essa, quando si toglie il foglio. Si procede poi con la morsura.
Questa tecnica è detta anche maniera matita o maniera pastello, poiché permette
di realizzare una lastra calcografica in modo che stampi sulla carta
un’immagine simile a quella che si ottiene disegnando. Diversi tipi di matite e
carte possono dare differenti varietà di effetti. Questa tecnica è nata nel
Maniera allo zucchero.
Si
mischiano all’inchiostro tre parti di gomma arabica, quattro di acqua e cinque
di zucchero. Con questo inchiostro l’artista disegna sulla lastra. Ad
essiccazione avvenuta si copre tutta la matrice di vernice fluida da acquaforte
e prima del completo essiccamento si immerge in acqua caldissima; ottenendo il
distacco della vernice dove si è disegnato. Si morsura e si continua come per
una normale acquaforte.
Litografia.
Questo
processo di stampa si diffonde a partire dall’Ottocento. Inventato nel 1798 da Aloys Senefelder (1771-1834) a
Monaco, esso sfrutta la caratteristica degli inchiostri grassi di non aderire
alle superfici umide. Si utilizzava una pietra calcarea porosa proveniente da Solnhofen in Germania, tagliata in lastre di spessore
variabile tra i cm. 5 ed i 10 e del peso di diversi chili. Il disegno è
effettuato direttamente con matite e gessetti litografici, cioè a base di
sostanze grasse; sistema prevalentemente in uso nella prima metà del
Un
sistema ancor più pratico è quello del riporto. Il disegno è eseguito
direttamente su carta ruvida e poco assorbente con colori litografici e poi
pressato sulla pietra, cui viene trasferito. È necessario fissarlo
maggiormente, ma visto che questo è compito dello stampatore, l’artista è
libero di eseguire tutte le prove che desidera prima di giungere al disegno
definitivo, ed inoltre non deve portarsi dietro, nel caso disegni en plein air, il peso notevole delle
pietre. Oltre a tutto il disegno non deve essere eseguito rovesciato, perché è
raddrizzato grazie al passaggio intermedio. Le stampe ottenute con questo
metodo sono distinguibili dalla grana della carta, che traspare nell’inchiostro
al posto di quella della pietra; queste graniture apparenti con la lente
d’ingrandimento sull’inchiostro facilitano il riconoscimento di una litografia
eseguita col pastello litografico, da un disegno eseguito a matita cui
assomiglia molto. Una stampa litografica si distingue inoltre per la differenza
della superficie della carta, che dove è pressata contro la pietra, risulta
visibilmente, soprattutto a luce radente, più liscia; e ribadiamo dalla
caratteristica granulosità della superficie della pietra o della carta, se si è
usato il riporto, visibile nella parte inchiostrata. Ribadiamo che al contrario
delle altre tecniche non è presente il caratteristico gradino lasciato dai
margini della lastra e l’inchiostro non presenta quasi spessore. Analogamente
con l’uso di più pietre in cui è riportato solo parte del disegno si può
stampare a colori. Questa tecnica è denominata cromolitografia. Anche il metodo
offset (moderno sistema di stampa, che utilizza un foglio metallico), come
quello del riporto, raddrizza l’immagine e permette quindi di eseguire il
disegno come sarà stampato, non in controparte.